AI Act e Tutela Ambientale: una protezione mancata

Il 14 giugno scorso la Commissione Europea ha approvato il progetto[i1]  di Regolamento 2021/0106 conosciuto come AI Act; quest’ultimo  ha come obiettivo quello di disciplinare l’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale in modo tale da garantire la sicurezza e il pieno rispetto dei diritti fondamentali e dei valori europei.

Il Regolamento è uno dei primi tentativi di regolamentare in modo sistematico l’impiego dell’AI su larga scala. Tuttavia, sia per la novità della tematica trattata che per la complessità della stessa, fin da una prima lettura si riscontrano alcune criticità. Tra queste, la poca attenzione rivolta alla tutela dell’ambiente.

Ma perché questo vuoto normativo sulla tutela ambientale è così tanto importante? 

Le ragioni più rilevanti sono presentate nell’opinione del rapporteur europeo per l’ambiente e la salute umana, Susana Solìs Pérez, pubblicata il 24 aprile 2022. Nel documento si sottolineano due criticità: il potenziale inquinamento prodotto dall’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale e la diminuzione della giustizia ambientale.

Quando si parla di inquinamento dovuto all’utilizzo dell’AI si tratta principalmente di inquinamento indiretto. Non sono gli algoritmi ad essere inquinanti, ma le apparecchiature necessarie affinché questi possano esistere. In particolare, l’impatto negativo in termini ambientali è prodotto: dalla realizzazione di componenti hardware ricchi di materiali preziosi che portano ad uno sfruttamento del suolo e che ancora oggi hanno un tasso di riciclo estremamente basso; dalla gestione dei datacenter, per i quali vi è un’altissima domanda di energia elettrica necessaria per l’alimentazione e il raffreddamento dei server.

Altra problematica rilevante invece investe la dinamica del ricorso alla giustizia ambientale. In particolate, si ritiene che l’utilizzo di algoritmi di Machine Learning in questioni di ordine pubblico e giuridico possa portare alla creazione non solo di bias ma anche di un potenziale restringimento dell’accesso alla stessa giustizia ambientale da parte dei cittadini. Questo comporterebbe la violazione di quanto sancito dalla Convezione di Aarhus (25 giugno 1998) sulla partecipazione pubblica, nonché l’accesso alle informazioni e alla giustizia ambientale. In questo senso, si sta discutendo sia a livello europeo che nazionale sui modi per poter gestire e mitigare fenomeni di questo tipo.

Tuttavia, va rilevato come l’AI può rappresentare anche una potente alleata per la tutela ambientale. Un esempio interessante è dato dall’utilizzo di algoritmi di Machine Learning nel caso di Oil Spilling.

L’espressione Oil Spilling indica la fuoriuscita di gasolio da parte di navi, piattaforme offshore e oleodotti e il conseguente versamento in mare. Dal punto di vista ambientale questi eventi hanno effetti devastanti sull’ecosistema colpito sia nel breve che nel lungo periodo (nella maggior parte dei casi, infatti, sono necessari decenni per “riparare” la condizione ex ante) e sono, ancora oggi, molto frequenti. Basti pensare che negli ultimi quarant’anni sono stati registrati undici eventi particolarmente significativi, tra cui, il caso dell’Odyssey, il Taylor Energy e il Deepwater Horizon.

Tra le varie problematiche relative al Oil Spilling vi è la difficoltà di individuare in modo tempestivo la perdita di greggio, nonché la sua effettiva estensione. Questo porta a interventi spesso tardivi, la cui utilità diviene sempre più marginale con il passare delle ore. È proprio in questa criticità che può essere utile l’Intelligenza Artificiale. Infatti, un gruppo di studiosi ha ipotizzato di poter “addestrare” un algoritmo affinché possa riconoscere la presenza di perdite di gasolio fin nei suoi primissimi momenti. L’uso di immagini satellitari ad alta definizione di disastri precedenti può potenzialmente portare il sistema ad identificare le perdite di media natura, garantendo così un intervento tempestivo da parte delle autorità competenti. Indubbiamente, siamo ancora oggi in una fase progettuale, sperimentale, ma che potrebbe cambiare radicalmente la tutela della biodiversità e dell’ambiente in un prossimo futuro.

Roberta Chillemi