Campi in erba sintetica: da soluzione a problema

L’uso dell’erba sintetica nei campi sportivi inizia negli Stati Uniti nella seconda metà del XX secolo. Il successo del prodotto era dovuto a un ridotto costo di manutenzione rispetto ad un campo in erba e alla sua resistenza alle diverse condizioni climatiche. Tutto ciò ha favorito una sua graduale diffusione, dapprima, negli USA e, poi, in Europa e in Italia.

In Italia, secondo la Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC), i campi in erba sintetica sono ad oggi circa il 22% del totale. Ciò è dovuto al fatto che, attraverso una corretta cura e un utilizzo di materiali di buona qualità, i campi sintetici richiedono una manutenzione inferiore rispetto a quelli in erba e, soprattutto, possono durare fino a 15 anni. L’abbattimento dei costi di gestione ha ricadute positive sulle società professionistiche, ma, in particolare, su quelle dilettantistiche che non hanno le stesse disponibilità delle prime.

Occorre sottolineare che, almeno inizialmente, la diffusione dei campi sintetici è stata rallentata dal fatto che questa tecnologia non garantiva le stesse prestazioni di un manto in erba naturale. Tuttavia, l’introduzione degli intasi in gomma, a partire dagli anni ‘90, ha portato ad un miglioramento notevole delle performance rendendole del tutto comparabili a quelle di un manto naturale.

Gli intasi in gomma, oltre ad avere dei vantaggi in termini qualitativi dei manti artificiali, consentono l’impiego anche di prodotti riciclati. Per la loro realizzazione, infatti, si possono utilizzare i Pneumatici Fuori Uso (PFU), cioè tutti quei pneumatici che hanno raggiunto la fine del loro ciclo di vita utile e non possono più essere utilizzati per il loro scopo originario. Tuttavia, invece di finire in discarica, possono oggi avere una “seconda vita”. Sono, queste, le c.d. materie prime seconde.

In questo senso, particolare importanza, a livello normativo, hanno assunto due Direttive europee:

  • la 1999/31/CE, che ha imposto il divieto di smaltimento di pneumatici interi nelle discariche dal 2003 e di pneumatici tagliati dal 2006; 
  • la 2008/98/CE, conosciuta come la Direttiva quadro sui rifiuti.

In particolare, quest’ultima Direttiva ha affermato i principi base per la gestione dei rifiuti, inclusa la gerarchia dei rifiuti (prevenzione, riutilizzo, riciclo, altre forme di recupero di materiali e di energia, smaltimento). 

La disciplina normativa adottata ha permesso, anche per i pneumatici usati, il passaggio da un sistema in cui erano destinati allo smaltimento in discarica (lineare) a un sistema in cui possono avere una “seconda vita” ed essere utilizzati come, tra l’altro, pavimentazione stradale o manto per gli impianti sportivi (circolare). 

La contemporanea evoluzione della tecnologia e della disciplina normativa ha favorito la realizzazione e lo sviluppo di campi sportivi sintetici. Le ricadute positive si sono avvertite sia, come detto già prima, nei costi di manutenzione, ma, anche, cosa non da poco, sui consumi d’acqua.

Scendendo più nello specifico, possiamo notare come ad oggi, un manto sintetico, per definirsi omologato, deve rispettare i criteri definiti dalla FIFA (FIFA Quality Programme) e dalla Lega Nazionale Dilettanti (LND). In particolare, si dispone che un manto sintetico sia composto da:

  • filamento di polietilene antiabrasivo, cioè il finto manto erboso,
  • sabbia e intaso, granuli di gomma derivati, per lo più, dai PFU,
  • strato di gomma, che separa l’intaso dalla parte cosiddetta “drenante”.

Secondo la società specializzata Tires un campo regolamentare contiene circa 32 tonnellate di manto vero e proprio, 80 tonnellate di sabbia silicea, e tra le 80 e le 120 tonnellate di gomma riciclata.

In termini quantitativi, inoltre, dal 2001 ad oggi, la LND ha omologato 160 campi in erba sintetica all’anno. Se pensiamo che da questo ammontare sono esclusi i campi da calcetto e calcio ad otto, possiamo renderci conto come la diffusione di campi sintetici rappresenti un fenomeno su cui occorre porre attenzione in un’ottica di smaltimento degli stessi al termine del loro naturale percorso di vita.

Lo smaltimento di questa tecnologia incontra, a livello pratico, due problemi. Il primo riguarda la difficoltà nel separare i diversi materiali che compongono il manto artificiale, mentre, il secondo, ha a che fare con i costi elevati di tali operazioni. Finora, quindi, il loro smaltimento è avvenuto per lo più attraverso il deposito nelle discariche o, nella peggiore delle ipotesi (come si può vedere in foto), negli spazi delle stesse società sportive. 

Da un punto di vista normativo, la disciplina rilevante, anche per questi rifiuti, è la Direttiva 2018/851 che, modificando la precedente Direttiva 2008/98/CE, ha stabilito il nuovo quadro generale e i criteri per la gestione e la classificazione dei rifiuti a livello europeo. In questo senso, i campi in erba sintetica giunti a fine vita rientrano nella categoria dei c.d. “Rifiuti non pericolosi” e, in quanto tale, devono essere gestiti in conformità ai principi della stessa Direttiva.

Tuttavia, ad oggi non esiste una disciplina specifica che regolamenti il loro smaltimento. Esistono degli standard europei (EN 15330-3:2018) che hanno, però, un carattere non vincolante e che forniscono solamente delle linee guida per garantire la sicurezza, l’affidabilità, la qualità e l’interoperabilità di prodotti, servizi e processi in svariati settori. Questi standard sono sviluppati dal Comitato Europeo di Normazione (CEN), un’organizzazione senza scopo di lucro che riunisce i rappresentanti di tutti gli enti nazionali di normazione nonché delle associazioni industriali e degli altri soggetti interessati.

Nello specifico, lo standard EN 15330-3:2018 definisce i materiali riciclabili, quali l’erba sintetica (polietilene, polipropilene, o misti), gli strati di base (gomma, schiuma) e l’intaso (gomma, sabbia, sughero, fibre di cocco, ecc.) nonché, i processi di riciclo con le possibili applicazioni (prodotti per l’edilizia, oggetti in plastica etc.). 

Da quanto detto, è evidente come tale standard, nel fornire le indicazioni per gestire correttamente un manto artificiale, permette di organizzare una corretta gestione del prodotto in tutto il suo ciclo di vita e in un’ottica di economia circolare.

Pur importante, lo standard descritto non può essere considerato esaustivo perché presenta alcune criticità legate:

  1. alla sua volontarietà; 
  2. alle modalità di separazione dei materiali che compongono il manto, che non vengono dettagliate; 
  3. al fatto che si trascuri ancora il tema della riduzione degli sprechi durante la produzione e lo smontaggio dei campi.

Tuttavia, occorre constatare come, pur nella sua incompletezza, la disciplina poc’anzi descritta ha favorito negli ultimi anni la nascita di aziende specializzate nella gestione e nello smaltimento dei campi sintetici dismessi. L’opportunità “economica” che hanno visto in questo settore ha dato al materiale sintetico in disuso una nuova “possibilità”. 

Come spesso accade, la soluzione non sta solo nel risolvere il problema attraverso il progresso delle norme e delle tecnologie, ma è fondamentale anche fare cultura: far comprendere alle persone il problema e spiegare loro qual è la giusta prassi da seguire per risolverlo.

Alessio Del Papa