Lo stress idrico in Europa e in Italia

Le problematiche relative alla carenza di acqua nel mondo sono sempre più urgenti e non trascurabili. In zone geografiche come l’Europa, in cui gli effetti dei cambiamenti climatici non appaiono ancora così evidenti, grazie all’ampia varietà di corsi idrici presenti, si tende a sottostimare il problema.

In realtà, a causa del costante aumento delle temperature, gli episodi di siccità nel continente europeo e la relativa carenza idrica rappresentano fenomeni preoccupanti di entità e frequenza sempre maggiori. Infatti, secondo l’Agenzia europea dell’ambiente (Aea), il riscaldamento globale e l’aumentato fabbisogno di acqua costituiscono i due fattori principali alla base dell’attuale stress idrico in Europa, che sta provocando un deterioramento delle risorse sia in termini quantitativi che qualitativi.

Il nuovo rapporto “Water resources across Europe – confronting water stress: an updated assessment”, pubblicato il 27 ottobre 2021 dalla stessa agenzia, ha fornito dei dati aggiornati sulla disponibilità di risorse idriche in Europa. Il rapporto ha sottolineato come lo stress idrico, permanente o temporaneo, sia ormai un fenomeno dilagante che interessa circa il 20% del territorio europeo ed oltre il 30% dei suoi abitanti.

Lo scenario italiano riflette sostanzialmente la condizione europea di cui sopra. L’Organizzazione mondiale della Sanità (OMS) ritiene l’Italia un Paese con un livello di stress idrico medio-alto, considerando che utilizza tra il 30 e il 35% delle sue risorse idriche rinnovabili.

Ormai da decenni, si assiste ad un costante aumento dell’uso di queste risorse che, insieme all’aumento dell’urbanizzazione e dell’inquinamento, rischia di compromettere le riserve idriche italiane, nonché la loro qualità. Basti pensare alla situazione attuale del Po, che può essere considerato un esempio emblematico della rilevanza del tema a livello italiano. L’Autorità distrettuale del fiume Po, infatti, nell’ultimo bollettino sul suo stato idrologico (febbraio 2022), ha evidenziato un calo di oltre il 40% della portata rispetto al suo valore medio, avvicinandosi, così, sempre di più alla soglia di allerta. Le cause principali sono da ricondursi alla forte riduzione delle precipitazioni e alla crescita dei consumi complessivi.

Per quanto riguarda il consumo, l’Europa, secondo quanto riportato nel rapporto dell’Aea, è responsabile dell’utilizzo di miliardi di metri cubi ogni anno. L’ingente prelievo di acqua riguarda tutti i settori economici e, quasi sempre, l’acqua reimmessa nell’ambiente è ricca di sostanze inquinanti pericolose per la salute umana e per la biodiversità. Di tutte le attività economiche presenti nel territorio europeo, l’agricoltura è responsabile del maggior quantitativo d’acqua impiegato. Basti pensare che, nonostante solo il 9% dei terreni agricoli venga irrigato artificialmente, tali aree risultano responsabili del 50% del consumo totale di acqua in Europa.

Per quanto riguarda il fabbisogno di acqua per usi domestici, esso è soddisfatto mediante l’erogazione di 144 litri di acqua al giorno per cittadino europeo, pari a 53 metri cubi annui pro capite e al 12% del totale dei prelievi.

In Italia, secondo il rapporto “Acque in rete”, pubblicato da Legambiente nel marzo 2021, i prelievi domestici per uso potabile risultano tra i più alti in Europa con 419 litri per abitante al giorno. Lo stesso rapporto evidenzia come soprattutto nei centri urbani, dove risiede la maggior parte della popolazione, un fenomeno altrettanto preoccupante è quello degli sprechi. Nelle città Italiane si stima, infatti, che circa il 40% dell’acqua distribuita possa andare perduta a causa di perdite e falle presenti nella rete di distribuzione nazionale.

Per far fronte alle varie problematiche relative allo stress idrico, l’Unione europea ha adottato:

Tali interventi rappresentano i fondamenti legislativi con cui l’Europa mira a tutelare le sue riserve idriche.

A tal riguardo, il 12 gennaio 2021 è entrata in vigore la nuova Direttiva (UE) 2020/2184 sulle acque per il consumo umano. Tale Direttiva è la prima ad essere adottata a seguito di un’iniziativa popolare (“Right2Water”) promossa dai cittadini europei che, raccogliendo 1,8 milioni di firme, hanno chiesto alla Commissione di aggiornare la precedente Direttiva del 1998. Prendendo atto delle istanze della collettività, la Commissione ha effettuato una valutazione sull’adeguatezza della Direttiva 98/83/CE, convenendo sulla necessità di opportuni aggiornamenti volti a facilitare il raggiungimento degli impegni assunti ai sensi dell’obiettivo 6 degli SDGs nell’Agenda 2030.

L’obiettivo della nuova Direttiva è offrire l’erogazione efficiente di acqua potabile di qualità in tutta l’UE, introducendo regole più stringenti al fine di proteggere le risorse idriche dall’inquinamento e dallo spreco. Tra le novità introdotte, di particolare rilevanza è l’introduzione di un approccio al monitoraggio dell’acqua basato sul rischio, ovvero sulla gestione dell’intera rete di approvvigionamento di acqua potabile, dalla fonte di estrazione fino al rubinetto. La valutazione del rischio è declinata su tre livelli:

  1. valutazione dei bacini idrografici per i punti di estrazione di acque destinate al consumo umano;
  2. valutazione e gestione del rischio di ciascun sistema di fornitura che includa l’estrazione, il trattamento, lo stoccaggio e la distribuzione delle acque destinate al consumo umano fino al punto di erogazione;
  3. valutazione del rischio dei sistemi di distribuzione domestici.

La Direttiva stabilisce, inoltre, che la valutazione e la gestione del rischio dei bacini idrografici sarà effettuata per la prima volta entro luglio 2027 (art. 7).

Il legislatore europeo ha previsto un accesso facilitato ai dati quantitativi e qualitativi dell’acqua erogata, allo scopo di ridurre sprechi e monitorarne i parametri microbiologici e chimici. Per tale ragione sono stati rivisti, in modo più stringente rispetto ai precedenti, gli indicatori di controllo delle acque destinate al consumo umano, con particolare riferimento alla presenza di sostanze quali piombo e Pfas.

Le modifiche introdotte dalla Direttiva dovranno essere recepite dagli Stati membri entro due anni.

In ultima analisi, possiamo affermare che, al fine di operare una significativa riduzione dello stress idrico in Europa e, di conseguenza, in Italia, è necessario agire su settori specifici come l’agricoltura, ma anche su tutti gli altri tipi di prelievo, tra cui quelli domestici, così da ottenere significativi risparmi nel consumo di acqua. A tal fine saranno necessari investimenti tesi a sviluppare pratiche di riutilizzo delle acque oltre che tecnologie e impianti innovativi e più efficaci. Questo consentirebbe di migliorare e uniformare l’utilizzo delle risorse idriche europee in ottica sostenibile nel lungo periodo.

Marianna Casprini