Plastic Tax e l’ennesimo rinvio

Il 3 luglio 2021 segnava la data ultima di recepimento della Direttiva europea 2019/904/UE “ sulla riduzione dell’incidenza di determinati prodotti di plastica sull’ambiente” detta anche SUP (Single-Use Plastic). L’Italia ha avviato il recepimento della Direttiva mediante l’introduzione della “Plastic tax” o “imposta sul consumo dei manufatti con singolo impiego (MACSI)”. Questa tassa, inserita inizialmente nel bilancio del 2020 (l’entrata in vigore era prevista per il 1° luglio 2021), è stata rimandata dapprima alla Legge di Bilancio del 2021 e successivamente, come comunicato il 19 ottobre scorso, alla Legge di Bilancio del 2022. Ad oggi anche questo termine appare incerto in quanto, ai fini dell’effettiva entrata in vigore della tassa, prevista per il 2023, occorre l’adozione di un apposito decreto legislativo di recepimento. Decreto di cui però non si ha ancora nessuna notizia. 

Ma di cosa si tratta? 

La Plastic Tax è un’imposta che si applica ai manufatti che hanno o sono destinati ad avere funzione di contenimento, protezione, manipolazione o consegna di merci o di prodotti alimentari.  

Più nel dettaglio, si tratta di tutti quei prodotti: 

1) che sono realizzati, anche in forma di fogli, pellicole o strisce, con l’impiego, anche parziale, di materie plastiche, costituite da polimeri organici di origine sintetica; 

2) che non sono pensati, progettati o immessi sul mercato per compiere più trasferimenti durante il loro ciclo di vita o per essere riutilizzati per lo stesso scopo per il quale sono stati ideati; 

Tra queste tipologie di prodotti vi rientrano: 

1) i dispositivi, realizzati con l’impiego, anche parziale, delle materie plastiche, che consentono la chiusura, la commercializzazione o la presentazione dei medesimi MACSI o dei manufatti costituiti interamente da materiali diversi dalle stesse materie plastiche; 

2) i prodotti semilavorati, realizzati con l’impiego, anche parziale, delle materie plastiche, impiegati nella produzione di MACSI. 

3) le preforme (manufatti ottenuti dallo stampaggio di PET atto a diventare bottiglia o contenitore per bevande, tramite apposito processo di soffiatura). 

Sono esclusi, invece: 

1) i MACSI compostabili; 

2) i dispositivi medici; 

3) i MACSI adibiti a contenere e proteggere preparati medicinali. 

In concreto, l’ammontare dell’imposta sul consumo dei MACSI è di 0,45 euro per chilogrammo di materia plastica contenuta nei MACSI stessi.  

A titolo esemplificativo, quando parliamo di MACSI, ci riferiamo alle bottiglie in plastica, ai vasetti dello yogurt, ai contenitori dei detergenti e alle buste, come anche il polistirolo utilizzato per proteggere i contenuti dei pacchi.  

Si ricordi che la tassazione non viene applicata alla plastica proveniente da processi di riciclo ed esonera, quindi, produttori e venditori di tali materiali. 

Diverse sono le motivazioni che hanno determinato le proroghe adottate dallo Stato italiano e precedentemente menzionate. La diffusione della pandemia Covid-19 ha portato il governo a rinviare all’anno successivo l’adozione della tassa per non gravare ulteriormente sulle imprese italiane già messe in difficoltà dalla crisi economico-sanitaria. Questa decisione ha riscontrato l’approvazione da parte del settore industriale, mentre è stata definita dalle associazioni ambientaliste come “l’ennesima occasione mancata” per una riconversione sostenibile. Un altro motivo risiede nell’eccessiva generalità della Direttiva europea che ne ha reso difficoltosa l’interpretazione e, quindi, la sua effettiva applicazione.  

Soddisfatto del rinvio il settore della grande distribuzione organizzata (GDO), che ogni anno utilizza questo materiale per confezionare milioni di prodotti. In generale, la GDO critica lo strumento tassativo perché comporta un ulteriore aumento degli oneri a carico delle imprese e, al contrario, propone l’adozione di misure volte ad incentivare il riciclo e la riduzione della plastica. Confindustria, oltre a vedere di buon occhio l’ennesima proroga, si è dichiarata favorevole all’eliminazione definitiva del provvedimento. Dinanzi a tali richieste, il MITE (Ministero della Transizione Ecologica), nell’interrogazione parlamentare del 14 aprile 2021, ha annunciato la possibilità di adottare misure volte ad incentivare i processi di recupero della materia anche ricorrendo a forme di tassazione agevolata.  

Diversa invece la reazione di altri paesi Europei. La Francia, ad esempio, ha vietato dal 1° gennaio 2022 l’utilizzo di imballaggi di plastica per gran parte dei prodotti ortofrutticoli (circa 30). Allo stesso modo la Spagna ha vietato gli imballaggi di plastica per prodotti ortofrutticoli di peso inferiore a 1,5 chilogrammi unitamente ad una tassa di 0,45 euro al chilogrammo sull’uso degli involucri non riutilizzabili. 

La necessità di adottare provvedimenti legislativi in Italia volti a ridurre il consumo e la produzione della plastica è emersa anche da recenti studi che hanno mostrato come nelle spiagge Italiane siano stati identificati più di 400 oggetti ogni 100 metri, di cui circa il 75% in materiale plastico, e di come il nostro paese, nella produzione di manufatti in plastica, sia responsabile per ben il 2% di tutta la produzione globale. 

Sara Filugelli.