La Commissione Europea, il 23 febbraio 2022, ha adottato la proposta di Direttiva sulla Due Diligence delle imprese in materia di sostenibilità.
La Proposta ha come soggetti destinatari sia le grandi società con più di 500 dipendenti e con un fatturato netto superiore a 150 milioni di euro sia le società che operano in settori ad alto impatto (minerario, tessile ed alimentare) con oltre 250 dipendenti ed un fatturato netto di oltre 40 milioni di euro. Allo stesso modo, una volta in vigore, la direttiva si applicherà anche a tutte quelle società che pur appartenenti a paesi terzi sono attive sul territorio dell’UE, in linea con i numeri poc’anzi citati.
La futura direttiva impone agli Stati membri di provvedere a che ciascuna società predisponga una politica sulla due diligence, da aggiornare annualmente, e integri la stessa nelle proprie politiche aziendali (art. 5). Altro aspetto importante è l’obbligo degli Stati membri di provvedere a che ciascuna società adotti misure adeguate per individuare, prevenire e arrestare e/o minimizzare gli impatti negativi sui diritti umani e sull’ambiente, effettivi o potenziali, causati dalle proprie attività o da quelle delle sue affiliate o della catena di approvvigionamento (artt. 6-8). Questo aspetto influisce enormemente sui rapporti di fornitura delle società oggetto della proposta, in quanto, nel caso di impatto negativo potenziale o effettivo che risulti impossibile prevenire, arrestare o attutire sufficientemente, queste dovranno astenersi dal prolungare o instaurare un nuovo rapporto con il partner commerciale dal quale, direttamente o indirettamente, è derivato l’impatto.
Inoltre, le società non vincolate alla direttiva di bilancio dovranno pubblicare annualmente una dichiarazione sulle informazioni richieste dalla CSDDD (art. 11).
Nonostante l’iter procedurale avesse portato ad un accordo tra Consiglio e Parlamento europeo (dicembre 2023), il voto formale per l’adozione della direttiva Ue sulla due diligence in materia di sostenibilità è stato bloccato a causa della forte opposizione di 14 stati, tra cui l’Italia (febbraio 2024). Qualora si fosse proceduto alla votazione, non si sarebbe raggiunta la maggioranza qualificata necessaria per il voto contrario della Svezia e per l’astensione degli altri Stati. A distanza di qualche giorno, il Consiglio dell’Ue ha presentato una nuova Proposta innalzando le soglie per l’applicazione delle norme, da 500 a 1000 dipendenti, e da 150 milioni a 300 milioni di fatturato. Soglie corrispondenti al doppio rispetto al testo precedente.
E’ evidente come la preoccupazione degli Stati e delle imprese sia elevata. Il timore è quello che l’eccessiva regolamentazione possa nuocere alle organizzazioni. Questo è quanto emerso anche dall’intervista fatta a Cinzia Del Rio, Presidente della sezione Occupazione, affari sociali e cittadinanza del Comitato economico e sociale europeo, da Eunews.
Tuttavia, la domanda che rimane ancora aperta è: riusciranno il Consiglio dell’Ue e gli Stati membri a trovare un compromesso?
Chiara Petuglia Maioli