Large Marine Ecosystems

L’approccio di valutazione e management definito come Large Marine Ecosystem (LME) identifica i grandi ecosistemi marini che ricoprono le coste dei Paesi di tutto il mondo. Le LMEs sono aree oceaniche che hanno un’estensione di 200.000 km2 e sono ricche di vita sottomarina, tanto da rappresentare la fonte principale del pescato mondiale (circa il 90%). Infatti, la produzione primaria di biomassa in queste aree è superiore a quella registrata in mare aperto.

Le LMEs rappresentano il luogo fondamentale per la riproduzione della biodiversità marina e di conseguenza sono fonte per la sicurezza alimentare di molte popolazioni. Inoltre, hanno un ruolo cruciale nell’equilibrio degli ecosistemi in quanto gli oceani assorbono circa il 25% della CO2 prodotta ogni anno dalle attività umane.

Il termine LMEs è stato coniato nel 1985 dall’oceanografo Kenneth Sherman per creare un sistema adatto alla gestione delle risorse e il monitoraggio continuo di unità ecologiche marine più ampie. Le LMEs sono state divise in 66 aree marine in base a parametri che tengono conto di indicatori delle diversità topografiche sottomarine, delle correnti, della produttività marina e della catena alimentare.

A livello internazionale, è il Fondo mondiale per l’ambiente (Global Environmental Facility- GEF) che aiuta gli stati nella gestione ottimale dei grandi ecosistemi marini. La GEF è un meccanismo di finanziamento dello sviluppo sostenibile istituto nel 1991 dal Consiglio di Amministrazione della Banca Mondiale e gestita, insieme al Programma delle nazioni unite per lo sviluppo (UNDP e all’UNEP  al fine di creare un’organizzazione economica indipendente. Inizialmente, la GEF è stata istituita come programma pilota triennale per assistere i paesi in via di sviluppo nelle attività di protezione dell’ambiente globale, promuovendo uno sviluppo economico «sostenibile». La risoluzione prevedeva la cooperazione tra i Programmi per lo sviluppo e per l’ambiente delle Nazioni unite (UNDP e UNEP), e la Banca Mondiale. Nel 1995 la GEF adottò l’approccio LMEs nel programma operativo per introdurre e supportare l’Ecosystem Based Management (EBM) con lo scopo di aiutare lo sviluppo degli stati costieri.

L’approccio LMEs prevede una strategia basata su cinque moduli – socioeconomico, produttività, governance, inquinamento e salute dell’ecosistema e pesca e pescato – per valutare, monitorare e intraprendere azioni collettive per recuperare le LMEs oltre a controllare la sostenibilità di beni e servizi degradanti. I moduli si basano sull’uso di indicatori per misurarne gli impatti. Questi elementi sono incorporati in un processo multinazionale di pianificazione strategica delle LMEs attraverso l’implementazione di un’analisi diagnostica transfrontaliera (Transboundary Diagnostic Analysis- TDA) e un programma d’azione strategico (Strategic Action Programme- SAP).

L’approccio d’azione basato sulle LMEs, in quanto caratterizzato da un framework regionale e da un processo di collaborazione scientifica, rappresenta un catalizzatore per raggiungere l’Obiettivo di Sviluppo sostenibile 14 – Conservare e utilizzare in modo sostenibile gli oceani, i mari e le risorse marine per lo sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030.

In particolare, tramite il fondo “Acque internazionali”, la GEF supporta la cooperazione transfrontaliera degli ecosistemi marini e d’acqua dolce condivisi dagli stati. Ad oggi, il GEF ha contribuito alla realizzazione di progetti in 124 Paesi spingendo verso una cooperazione internazionale che ricopre 23 delle 66 LMEs.

Uno dei progetti più importanti è il GEF LME: LEARN (Large Marine Ecosystem and Resource Network) finanziato attraverso il Fondo GEF, attuato dal UNDP in collaborazione con l’IOC-UNESCO allo scopo di migliorare la governance globale basata sugli ecosistemi delle LMEs e delle loro coste. Inoltre, il progetto si prefigge di costruire una conoscenza condivisa e creare una rete di sostegno sud-sud e di apprendimento nord-sud.

Tuttavia, a causa della loro vicinanza con le coste e dell’importante quantità di risorse marine contenute, la salute e la produttività delle LMEs sono messe a dura prova da fattori di pressione antropici e naturali come l’inquinamento marino, le pratiche di pesca insostenibili, l’introduzione di specie invasive e l’impatto di attività umane come trasporti, commercio, turismo.

Nonostante ci sia ancora molto da fare per quel che riguarda la protezione degli ambienti marini e il sovrasfruttamento delle risorse ittiche e costiere transnazionali, la soluzione proposta da parte dei principali enti internazionali come GEF e UNEP per salvaguardare l’ecosistema marino, è l’implementazione di una struttura di cooperazione e progettazione comune tra governi, enti di ricerca ed esperti del settore marittimo.

Rita Colapietro