La giornata mondiale dell’alimentazione

Il 16 ottobre si celebra la giornata mondiale dell’alimentazione. La giornata, istituita nel 1945 dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e la l’agricoltura (FAO), è dedicata, quest’anno, alla trasformazione dei sistemi agroalimentari per costruire un futuro senza fame.

A livello generale, la giornata ha l’intento di stimolare la sicurezza alimentare, coerentemente con l’obiettivo “Zero Fame” previsto dall’Agenda 2030. Lo scopo è quello di porre fine alla fame e alla malnutrizione e garantire a tutte le persone, soprattutto a quelle più povere e vulnerabili, un accesso sicuro al cibo.

Nel Report “Transforming food systems for food security, improved nutrition and affordable healthy diets for all” (2021) la FAO ha sottolineato come la pandemia abbia peggiorato la situazione già esistente, rendendo l’obiettivo ancora più difficile da raggiungere entro l’orizzonte 2030. In particolare, il Report mostra come l’indice di denutrizione (PoU), dopo essere rimasto praticamente invariato per cinque anni, sia aumentato dell’1,5% in un solo anno, passando dall’8,4% al 9,9% tra il 2019 e il 2020. In termini numerici, ciò significa che, tra il 2019 e il 2020, 118 milioni di persone in più hanno sofferto la fame. L’aumento maggiore del PoU si è registrato in Africa e in Asia.

E’ importante anche ricordare che il problema della malnutrizione è una delle principali cause di morte per bambini al di sotto dei cinque anni di età. Si stima, infatti, che la malnutrizione provochi la morte di 3 milioni di bambini ogni anno.

A livello generale, i paesi più colpiti dal problema della fame e/o della malnutrizione sono quelli in via di sviluppo. Nel 2020, più della metà delle persone che hanno sofferto la fame vivevano in Africa e in Asia. Nel corso del 2019, inoltre, 3 miliardi di individui non erano stati in grado di permettersi una dieta sana, un miliardo nel solo continente africano.

Una delle principali cause della fame e/o della malnutrizione è di carattere economico. Una dieta sana rappresenta, infatti, un costo. Un costo che le popolazioni in via di sviluppo spesso non sono in grado di sostenere.

Ulteriori elementi di criticità sono le situazioni di conflitto e le condizioni climatiche. Ad esempio, un conflitto influisce negativamente su quasi ogni aspetto di un sistema alimentare, dalla produzione alla commercializzazione e consumo. Allo stesso modo, la variabilità climatica crea impatti multipli, influenzando negativamente la produttività agricola in termini di rendimento e intensità del raccolto. Molto spesso la contemporanea presenza di povertà e disuguaglianza aggrava ulteriormente la situazione.

In questo senso, la FAO ritiene necessario un profondo cambiamento del sistema alimentare e agricolo globale per far fronte agli attuali 800 milioni di affamati e, più in generale, all’aumento di 2 miliardi della popolazione mondiale previsto entro il 2030.

La stessa organizzazione, per affrontare i principali fattori di insicurezza alimentare e per trasformare i sistemi alimentari a livello mondiale, garantendo l’accesso a diete sane a prezzi ragionevoli, suggerisce sei possibili percorsi:

  1. incentivare l’integrazione umanitaria, le politiche di sviluppo e il conseguimento della pace in aree di conflitto;
  2. aumentare la resilienza climatica dei sistemi alimentari;
  3. rafforzare la resilienza dei più vulnerabili alle avversità economiche;
  4. intervenire lungo l’approvvigionamento delle catene alimentari per abbassare il costo degli alimenti nutrienti;
  5. lottare contro la povertà e le disuguaglianze, con interventi inclusivi a favore dei poveri;
  6. rafforzare gli ambienti alimentari e cambiare il comportamento dei consumatori per promuovere diete con impatti positivi sulla salute umana e l’ambiente.

Tali percorsi dovrebbero essere applicati contemporaneamente tenendo conto delle specificità dei singoli paesi.

La FAO sottolinea, infine, come la chiave per un’effettiva trasformazione dei sistemi alimentari mondiali e per l’eliminazione della malnutrizione sia nell’attuazione, da parte dei singoli paesi, di nuove e coerenti politiche di investimenti in sicurezza sociale ed ambientale.

Camilla Di Bari