La multifunzionalità agricola

Tra le diverse peculiarità che caratterizzano l’agricoltura vi è quella di essere un’attività multifunzionale, ossia di poter svolgere più funzioni in aggiunta a quella produttiva. Alcune di queste funzioni si esplicano attraverso attività che producono i loro effetti al di fuori delle transazioni di mercato, andando a costituire le cosiddette esternalità.

 L’agricoltura multifunzionale è quell’agricoltura che oltre ad assolvere la funzione primaria, ovvero la produzione di materie prime alimentari, è in grado di fornire servizi secondari utili alla collettività, generando esternalità positive. L’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), in occasione del rapporto annuale nel 2001, definisce in questi termini l’agricoltura multifunzionale:

«oltre alla sua funzione primaria di produrre cibo e fibre, l’agricoltura può anche disegnare il paesaggio, proteggere l’ambiente e il territorio e conservare la biodiversità, gestire in maniera sostenibile le risorse, contribuire alla sopravvivenza socioeconomica delle aree rurali, garantire la sicurezza alimentare. Quando l’agricoltura aggiunge al suo ruolo primario una o più di queste funzioni può essere definita multifunzionale» (OCSE, 2001).

Tali esternalità sono generate dalle diverse dimensioni che possiede l’agricoltura, quali la dimensione ambientale, economica e sociale.

La dimensione ambientale riguarda l’insieme di dinamiche che intercorrono tra l’agricoltura e l’ambiente circostante. È risaputo come le attività agricole contribuiscano a determinare il paesaggio. Infatti, gran parte dei paesaggi odierni sono il frutto del lavoro dell’agricoltura e non della natura incontaminata. La funzione economica si esplicita attraverso l’integrazione dei redditi. Tale risvolto genera diversi benefici per le comunità rurali, come ad esempio la rivitalizzazione delle aree rurale attraverso il turismo oppure captando le persone residenti nelle aree urbane. Con la generazione di nuovi posti di lavoro è possibile prevenire l’abbandono, l’impoverimento e la marginalizzazione di tali territori. Complessivamente, sarà quindi possibile mantenere vivo il rapporto con il territorio e il senso di appartenenza alla comunità. Infine, la dimensione sociale dell’agricoltura riguarda tutte le attività che possono essere rilevanti ai fini sociali, in cui i soggetti privati rispondo a finalità pubbliche attraverso l’esercizio delle attività agricole; è possibile individuare tre macro ambiti di applicazione: l’area educativa, l’area lavorativa e l’area sociosanitaria. L’area educativa trova applicazione con la partecipazione delle attività scolastiche contemporaneamente alle attività agricole; tale risvolto si concretizza ad esempio, nelle fattorie didattiche con bambini e ragazzi in età scolare che partecipano ad attività di vario genere al fine di riscoprire i valori delle realtà rurali. Per quanto riguarda l’area lavorativa e l’area sociosanitaria, le persone con disabilità o con diverse problematiche psichiche, ex carcerati oppure tossicodipendenti possono trarre beneficio entrando a contatto con le realtà rurali, ed in particolare con gli animali e le piante.

La multifunzionalità è una caratteristica propria dell’agricoltura ed è sempre esistita; tuttavia, solo recentemente la politica si è mobilitata per una sua concreta definizione.  Le ragioni sono da ricercare da una parte nel cambio di regime della politica agricola comune (PAC) dovuto alla riforma Mac Sharry del 1992, dall’altra nei negoziati multilaterali sul commercio noti come “Uruguay Round” iniziati nel 1986 e conclusi nel 1993. La PAC antecedente alla riforma Mac Sharry era nata come politica protezionista, e assorbiva la quasi totalità delle risorse economiche della Comunità Economica Europea, sia a causa del supporto (dazi) alle esportazioni (importazioni), sia per il meccanismo di sostegno illimitato ai prezzi con il conseguente ritiro delle eccedenze alimentari da parte dell’AIMA.

La “nuova” PAC, invece, nasce sotto le spinte della globalizzazione e dei negoziati dell’Uruguay Round. La riforma fu, in un certo senso, spinta dall’esterno: gli Stati Uniti accusarono la Comunità Economica Europea e la PAC di avere contenuti protezionistici che distorcevano gli scambi commerciali, e proposero l’opzione zero, ovvero l’abolizione di ogni tipo di sostegno all’agricoltura entro il 2000. A seguito della proposta le trattative rimasero bloccate a causa delle divergenze tra commissione e Stati Uniti, finché non si raggiunse un compromesso tra le due posizioni. In particolare, il compromesso verteva sulla graduale abolizione del sostegno ai prezzi e il principio di disaccoppiamento, secondo il quale i prodotti soggetti ad aiuto non dovevano influenzare né la produzione né il commercio. A seguito delle riforme, non era più possibile sostenere la totalità della produzione degli agricoltori europei, ma spettava alla politica riformulare le condizioni per giustificare una spesa a sostegno del settore primario. Il nuovo indirizzo della PAC sposta il sostegno dal consumatore al contribuente. È da questo momento in poi che si inizia a parlare di multifunzionalità agricola, perché il nuovo assetto della PAC configura una politica di indennità compensativa in cui non sono più pagate le produzioni, ma al contrario sono pagate tutte le attività collaterali che affiancano l’agricoltura in senso stretto.

Dario Accolla