Inquinamento da caffè: il caso Nespresso

La Nestlé Nespresso S.A. è un marchio svizzero che dal 1986 commercializza caffè in capsule esportando nel mondo il “caffè italiano” come lifestyle.

Dal 2012 il brevetto delle capsule Nespresso è scaduto, determinando un’entrata sul mercato di molti player che, imitandone la tecnologia, hanno prodotto capsule compatibili con i sistemi Nespresso o hanno sviluppato macchine simili creando nuove linee di brand dedicati alla vendita del caffè in capsule.

Dopo le campagne pubblicitarie con l’attore George Clooney come testimonial, la Nespresso ha ricevuto molta attenzione da parte del pubblico anche al di fuori dei confini europei e, in particolare modo, nella popolazione americana.

Tuttavia, vi è un forte dibattito sulla sostenibilità di questo tipo di produzione di caffè.

Specialmente per noi italiani, è sempre stato un rituale, ma non è mai stato considerato dannoso per l’ecosistema, perché mediante la moka il caffè viene consumato e smaltito senza necessità di un involucro di carta o alluminio.

Anzi, il caffè è un fertilizzante naturale che può essere utilizzato per concimare le piante, anche a casa. Tuttavia, con il sistema a capsule si pone un nuovo problema: lo smaltimento.

Infatti, per chi utilizza abitualmente la moka, la capsula di alluminio rappresenta un rifiuto non necessario.

Nespresso, consapevole dei dibattiti attorno l’industria del caffè, e maggiormente sull’uso delle capsule, si distingue per i suoi programmi di sostenibilità e per aver investito nel Sud Sudan nel supply chain e nell’approvvigionamento di caffè con l’aiuto di TechnoServe, azienda il cui obiettivo sociale è quello di porre fine alla povertà. Si ricordi che il caffè è il prodotto agricolo maggiormente esportato da questo Stato.

Nespresso dal 2013 ha lanciato il “AAA Sustainable Quality” in collaborazione con The Rainforest Alliance, attraverso cui sono stati certificati oltre l’80% dei fornitori di caffè di cui l’azienda si serve. Questa certificazione ha permesso uno sviluppo economico e sociale particolarmente vantaggioso per gli interessati, tra cui un aumento della paga del 30-40% rispetto al resto dei produttori di caffè nello stesso mercato. Ad oggi, Nespresso utilizza caffè proveniente per il 93% da fonti sostenibili.

Sempre dal 2013, Nespresso si impegna globalmente con il programma The Positive Cup, che mira a rendere il consumo di caffè sostenibile e con impatto positivo sul mondo.

Ma qual è l’impatto ambientale delle capsule Nespresso?

Come era prevedibile, una life cycle analysis del 2009 condotta da The Guardian considerò il caffè istantaneo l’unico a basso impatto ambientale per via della poca energia utilizzata. Tuttavia, Nespresso è a conoscenza di questo problema e promuove il riciclo delle capsule usate invitando i clienti a portarle nelle loro boutique o, in alcuni Paesi, è possibile inviarle a Nespresso tramite UPS senza costi di spedizione. Va però osservato come Nespresso sia sempre rimasto vago sul quantitativo di capsule effettivamente riciclate tramite i loro servizi, giustificandosi con l’impossibilità di tenere traccia di tutti i modi scelti dai clienti di smaltirle. Nel 2019 il tasso di riciclo si aggirava intorno al 25% delle capsule vendute.

Secondo uno studio pubblicato su Caffeine Magazine da David Burrows ogni minuto vengono prodotte 39.000 nuove capsule e 29.000 finiscono in discarica. L’impatto è evidente. Il problema principale è che anche se Nespresso promuove delle campagne di sensibilizzazione e promozione dello smaltimento delle capsule, comunque, queste, dovranno sempre essere smaltite in un modo o nell’altro.

Infatti, la loro composizione di polipropilene (polimero termoplastico che ha un elevato carico di rottura e resistenza al calore) e alluminio, quest’ultimo riciclabile infinite volte, spesso non viene sfruttato perché smaltito in modo scorretto. Basti pensare, ad esempio, che le capsule vengono erroneamente gettate nel comparto dei rifiuti indifferenziati. Tuttavia, la presenza del polipropilene nella sottile guaina interna alla capsula fa sì che le capsule necessitino di un processo di riciclaggio su misura.

Un secondo studio, di Sebastien Humbert, esperto di lyfe cycle assessment per Quantis, azienda che lavora in collaborazione con molte organizzazioni per migliorare la loro sostenibilità, mostra come a parità di consumo elettrico l’uso del caffè in capsule o chiamato anche “a single-serving” (a consumo singolo) rappresenta un risparmio. Questo perché mentre il caffè espresso prodotto tramite moka richiede un significativo utilizzo di gas o energia per portare ad ebollizione il caffè, il sistema a capsule Nespresso ne richiede una quantità minima per il funzionamento.

Di contro, una ricerca di KTH in Stoccolma ha mostrato come il caffè in cialde ha il peggior impatto ambientale a causa dell’uso di più chicchi di caffè per la preparazione di una singola tazza (7 grammi contro i 5,7 grammi delle capsule).

In linea con le aspettative, Nespresso è diventata recentemente una B Corp, ovvero ha ottenuto una certificazione che attesta che l’azienda gestisce il proprio business secondo gli standard più alti di performance sociale e ambientale, assume un impegno legale modificando la propria struttura di governance in modo che sia responsabile nei confronti di tutte le parti interessate. In aggiunta, in termini di trasparenza, tutte le informazioni saranno disponibili sul website di B Lab.

Restando in tema di trasparenza, nell’ultimo report “The Positive Cup towards 2030 Report”, Nespresso ha dichiarato che nel 2021 è stato in grado di offrire la possibilità di riciclaggio delle capsule usate all’88% dei consumatori globali e che il tasso di riciclo effettivo è passato al 28% (dal 25% del 2019).

Inoltre, in 10 Paesi, i consumatori hanno potuto riciclare le loro capsule usate tramite i “Packaging Recovery Organisation”, ovvero organizzazioni che gestiscono il recupero degli imballaggi. Mentre in altri 42 Paesi è stato pubblicizzato un’opzione “Recycling at Home” in cui le capsule venivano ritirate direttamente da casa.

Viene, inoltre, valutato un tasso di valorizzazione delle capsule usate del 55%, considerando sia il quantitativo di capsule riciclate, quindi alluminio rimesso in circolo per la produzione, sia il quantitativo di capsule incenerite, cioé il calore da loro prodotto durante il processo che può essere trasformato in energia in un procedimento di termovalorizzazione.

Ma come si sposa con le normative europee di gestione degli imballaggi?

La Commissione Europea, a fine 2022, ha adottato delle regole più rigide da applicare all’industria degli imballaggi. In particolare, le industrie dovranno assicurare che i contenitori possano essere riciclati più facilmente o biodegradati naturalmente.

Solo in Europa, infatti, il 40% della plastica prodotta viene utilizzata per gli imballaggi.

Sarà, inoltre, responsabilità degli Stati membri l’obbligo di riciclo del 65% di tutti gli imballaggi smaltiti entro la fine del 2025.

La proposta del nuovo regolamento dal nome “Packaging and Packaging Waste” del 30 novembre 2022, punta a prevenire la produzione di imballaggi attraverso la riduzione della quantità prodotta, eliminando quelli non necessari o sostituendoli con alternative riutilizzabili. Viene promosso il riciclo di alta qualità, ovvero processi che rendano il riciclo vantaggioso economicamente entro il 2030. Infine, l’UE spinge verso la creazione di un mercato di materie prime seconde, da poter essere acquistate e utilizzate per la produzione di imballaggi, abbandonando gradualmente l’uso di risorse naturali primarie. Per contrastare l’inquinamento prodotto dalle bottiglie di plastica per l’acqua e dalle lattine di alluminio, entro il 2029 dovrà essere introdotto un sistema di deposito cauzionale obbligatorio in tutti i Paesi dell’Unione Europea.

E’ evidente come anche le capsule Nespresso siano coinvolte in questo cambiamento, perché considerate imballaggi monouso.

Se queste regole saranno rispettate, la riduzione delle emissioni di gas effetto serra dovute agli imballaggi si ridurrà da 66 milioni di tonnellate a 43 milioni di tonnellate entro il 2030.

Clarissa Cataldi