Corporate Sustainability Reporting Directive: l’evoluzione della normativa europea sulla rendicontazione non finanziaria

La crescente importanza che sta assumendo la misurazione degli impatti delle imprese sull’ambiente e sulle comunità ed il maggior peso che si sta attribuendo alle opportunità che possono derivare da questi ultimi, fa sì che la normativa europea sulla rendicontazione non finanziaria sia in continua evoluzione.

Attualmente è vigente la Direttiva 2014/95/UE che stabilisce l’obbligo di rendicontazione non finanziaria per gli enti di pubblico interesse. La sua efficacia cesserà con l’entrata in vigore della Corporate Sustainability Reporting Directive (Direttiva 2022/2464/UE) che è stata adottata il 14 dicembre 2022 e che dovrà essere recepita entro 18 mesi dagli Stati membri (6 luglio 2024). Quest’ultima andrà ad ampliare la platea delle imprese coinvolte, più precisamente la sua applicazione avverrà in quattro fasi:

  • 2024: applicazione delle disposizioni per i soggetti che ad oggi redigono già una dichiarazione non finanziaria;
  • 2025: applicazione delle disposizioni per i soggetti di grandi dimensioni che ad oggi non redigono una dichiarazione non finanziaria;
  • 2026: applicazione dei requisiti per le PMI quotate (escluse le microimprese), gli enti creditizi piccoli e non complessi e le imprese di assicurazione captive;
  • 2028: applicazione dei requisiti per le imprese di paesi terzi con fatturato netto superiore a 150 milioni nell’UE se hanno almeno una filiazione o succursale nell’UE che supera determinate soglie.

La Corporate Sustainability Reporting Directive prevede obblighi di rendicontazione più dettagliati e dispone che le grandi imprese e le PMI  riferiscano su questioni di sostenibilità, quali, i diritti ambientali, i diritti sociali, i diritti umani e i fattori di governance. La direttiva, inoltre, prevede l’obbligo di comunicare informazioni necessarie alla comprensione dell’incidenza delle questioni di sostenibilità sulle imprese.

Questo aspetto viene definito come doppia materialità, composto da due approcci “outside-in” ed “inside-out”. Il primo valuta gli effetti finanziari e le opportunità che derivano dall’esterno rilevanti sull’organizzazione, in questo modo le imprese riusciranno a creare valore condiviso di lungo periodo. Il secondo, invece, già presente nella direttiva vigente, riguarda l’impatto delle attività svolte dalle imprese sull’ambiente e sulla società.

La doppia materialità, non è un concetto nuovo, questo infatti è stato citato per la prima volta nelle Linee Guida OCSE le quali affermano che ai fini un “miglioramento delle prestazioni ambientali, la creazione di un sistema di gestione ambientale può presentare vantaggi economici per le imprese, grazie alla riduzione dei costi d’esercizio e assicurativi, a un maggior risparmio di energia e di risorse, a un minor carico di adempimenti e di responsabilità, a un accesso più facile al capitale e alle competenze, a una maggiore soddisfazione dei clienti e a migliori relazioni con la comunità e con il pubblico”.

In conclusione si può affermare che il report di sostenibilità consentirà agli investitori e alle altre parti interessate di prendere decisioni informate sulle questioni di sostenibilità, grazie alla maggiore trasparenza e alla minor incertezza sulle azioni di lungo periodo che l’azienda vuole intraprendere.

Chiara Petuglia Maioli