In questo periodo storico, in cui è centrale il problema del cambiamento climatico e dei tragici scenari che questo comporta, si sente sempre di più l’esigenza di una transizione energetica rapida.
Gli studi più recenti elaborati dall’IPCC mostrano come il continuo e repentino aumento delle emissioni di CO2 condurrà sempre più a temperature terrestri non sostenibili. Da qui la necessità di realizzare a livello globale un processo di decarbonizzazione.
In questo senso, particolare importanza assume l’osservanza, da parte degli stati, dell’Accordo di Parigi sul clima del (2015). L’Accordo ha l’obiettivo di limitare al di sotto dei 2 C° il riscaldamento medio globale rispetto al periodo preindustriale, puntando a un aumento massimo della temperatura pari a 1,5C°.
Tuttavia, le recenti dinamiche geopolitiche causate dalla guerra russo-ucraina e la crisi energetica da questa scaturita, hanno condotto le istituzioni europee e l’opinione pubblica ad interrogarsi su due principali aspetti:
1) in che modo affrontare la dipendenza energetica dall’esterno a cui sono assoggettati i Paesi europei ed in primis l’Italia e allo stesso tempo rispettare gli obiettivi previsti ai fini della transizione ecologica;
2) sulla possibilità di un riutilizzo dell’energia nucleare.
In effetti, proprio in riferimento a quest’ultimo punto, da ultimo, la Commissione ha inserito l’energia nucleare e il gas naturale tra le attività economiche considerate “sostenibili” dal punto di vista ambientale, all’interno della c.d. “tassonomia europea” prevista dal Green Deal europeo.
L’obiettivo della Commissione, in linea con quanto definito alla Cop26 di Glasgow, è quello di garantire una piena transizione energetica che permetta un totale abbandono della fonte energetica più inquinante: il carbone. Per questa ragione, all’interno del documento citato, sia il gas che il nucleare sono stati definiti come fonti energetiche utili alla transizione ecologica dell’UE.
La tesi di supporto a tale decisione è quella di considerare queste fonti di energia come supporto alla transizione energetica in attesa di uno sviluppo maturo delle fonti rinnovabili. In questo senso, le stime elaborate dall’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA) nel corso del 2021 mostrano come nel 2050, il 90% della produzione totale di elettricità sarà prodotta dalle energie rinnovabili, di cui il 70% da energia solare ed eolica.
A livello generale, va ricordato che il tema dell’energia nucleare era stato in passato disciplinato a livello europeo con il Trattato istitutivo della Comunità europea dell’energia atomica (CEEA o Trattato EURATOM 1957).
Tra i principali obiettivi del trattato EURATOM vi erano una serie di azioni:
- sviluppare le ricerche e assicurare la diffusione delle conoscenze tecniche;
- stabilire norme di sicurezza uniformi per la protezione della popolazione e vigilare sulla loro applicazione;
- agevolare le ricerche e gli investimenti, incoraggiando l’iniziativa privata, per la realizzazione degli impianti per lo sviluppo dell’energia nucleare nella Comunità;
- regolare approvvigionamento degli utilizzatori della Comunità in minerali e combustibili nucleari;
- assicurare l’accesso a mezzi tecnici tramite un mercato comune dei materiali, della libera circolazione dei capitali per gli investimenti nucleari e della libertà d’impiego degli specialisti all’interno della Comunità;
- la formazione e il rapido incremento delle industrie nucleari;
- stabilire con gli altri paesi e con le organizzazioni internazionali dei collegamenti idonei a promuovere il progresso nell’utilizzazione pacifica dell’energia nucleare.
Inoltre, strettamente connesso al tema dello sfruttamento dell’energia nucleare vi è quello della sicurezza e della gestione dei rifiuti nucleari.
Ad oggi, tali settori sono disciplinati dalla direttiva 2013/59/EURATOM, che prevede norme di sicurezza per la protezione dai pericoli derivanti dall’esposizione a radiazioni ionizzanti e dalla direttiva 2011/70/EURATOM, che istituisce un quadro per la gestione responsabile e sicura del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi. In particolate, quest’ultima direttiva prevede il monitoraggio dei programmi nazionali per la costruzione, la gestione dei depositi definitivi e degli standard di sicurezza vincolanti. Gli Stati membri hanno pubblicato i loro primi programmi nazionali nel 2015, ma sono tenuti a pubblicare delle relazioni nazionali sull’attuazione della direttiva ogni tre anni.
In conclusione, è possibile osservare come in merito alla questione dello sfruttamento dell’energia nucleare, l’Unione europea abbia negli anni attraverso differenti provvedimenti normativi, offerto degli standard elevati in termini di sicurezza nucleare, aumentati anche dalle innovazioni tecnologiche che hanno interessato il settore. Tuttavia, ancora oggi permangono rischi legati a possibili incidenti verificabili, allo smaltimento delle scorie radioattive. Inoltre, il nucleare appare ancora oggi una soluzione meno virtuosa delle rinnovabili. Se guardiamo, infatti, quanto emerge dalla classifica delle energie più inquinamenti, vediamo che la produzione di energia nucleare (117 g/kWh) è meno inquinante di quella derivante da combustibili fossili (carbone e lignite 1034 g/kWh, antracite 864 g/kWh e gas naturale 442 g/kWh), ma più inquinante rispetto alle fonti rinnovabili (fotovoltaico 33 g/kWh, eolico 9/7 g/kWh e idroelettrica 4 g/kWh).
Irene De Paolis