Al giorno d’oggi non si può ignorare la relazione tra la salute umana e la tutela dell’ambiente. Nel tempo, ciò ha portato all’adozione di una nozione che conosciamo con il nome di One Health.
L’approccio One Health, letteralmente una salute, indica la convergenza tra salute di uomini, animali e ambiente; lega, quindi, inscindibilmente la salute di tutto e di tutti.
A livello internazionale, un primo richiamo al paradigma One Health si ritrova nei 12 Principi di Manhattan adottati dalla Wildlife Conservation Society nel 2004. Questi principi elencavano le raccomandazioni da seguire per un approccio olistico alla prevenzione delle malattie, al mantenimento dell’ecosistema e al benessere umano.
Qualche anno più tardi (2010), sempre a livello internazionale, l’approccio One Health è stato formalmente affermato in una nota congiunta dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO), dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e dell’Organizzazione Mondiale per la Salute Animale (WOAH). Più recentemente, alle tre organizzazioni, si è aggiunto anche il Programma ONU per l’ambiente (UNEP). Secondo Monique Eloit, direttrice generale del WOAH, la partecipazione dell’UNEP è fondamentale perché “fornirà un contributo importante per far avanzare One Health. Questo nuovo capitolo della nostra partnership ci renderà più forti e più preparati a servire i nostri membri e ad affrontare le sfide sanitarie globali”. In effetti, a queste quattro istituzioni si deve l’adozione di un Memorandum allo scopo di rafforzare la cooperazione proprio nel campo del One Health (2022).
Negli stessi anni, in seno alla Convenzione sulla Diversità Biologica (CBD), si è, dapprima, riconosciuto il valore dell’approccio One Health nell’affrontare la questione trasversale della biodiversità e della salute umana (COP12, 2014) e, poi, invitato gli Stati parte a tenerlo in considerazione nei loro piani di azione o nelle strategie sulla biodiversità (COP 14, 2018).
Tuttavia, una vera e propria definizione di One Health ci viene data dal One Health High-Level Expert Panel (OHHLEP). Il Panel, riconoscendo che la salute dell’uomo, degli animali, delle piante e dell’ambiente in generale sono strettamente collegati e interdipendenti, definisce la nozione di One Health come “un approccio integrato e unificante che mira ad equilibrare e ottimizzare in modo sostenibile la salute di persone, animali ed ecosistemi”.
A livello nazionale, si deve all’Istituto Superiore di Sanità la promozione dell’approccio One Health. In questo ambito rientra, infatti, l’impegno assunto nel suo Piano strategico 2021-2023, per la promozione di capacità multidisciplinari in grado di affrontare le sfide sanitarie più rilevanti.
Ad oggi, l’approccio One Health è considerato il metodo ideale perché permette, allo stesso tempo, di affrontare i bisogni delle popolazioni e di gestire e prevenire le zoonosi (malattie trasmesse dagli animali).
Da un punto di vista giuridico, l’approccio One Health si è rivelato particolarmente importante nei c.d. contenziosi climatici. Si ricordi che con l’espressione “contenzioso climatico” si intendono tutte quelle azioni legale “che sollevano questioni materiali di diritto o di fatto relative alla mitigazione del cambiamento climatico, l’adattamento, o la scienza del cambiamento climatico […]” (UNEP).
In particolare, i contenziosi climatici basati sull’approccio One Health hanno permesso ai ricorrenti di evidenziare gli effetti che il cambiamento climatico e il degrado ambientale hanno sulla qualità di vita e sulla salute umana. Richiamare tale nozione nei contenziosi significa considerare la salute come una condizione sociale, di esposizione agli impatti dei cambiamenti climatici, piuttosto che biofisica, ovvero di dipendenza dalla salute globale.
Tra i casi di contenziosi climatici più recenti, merita rilievo quello in corso dinanzi alla Corte Europea dei diritti dell’uomo: il Caso Duarte Agostinho c. Portogallo e altri 32 stati. Il ricorso è stato presentato da sei giovani portoghesi che, accusando gli stati di non aver intrapreso azioni sufficienti a mitigare gli effetti del cambiamento climatico, lamentano la violazione del loro diritto alla vita nonché alla salute e all’ambiente sano. Il fondamento giuridico del ricorso è l’art 2, sul diritto alla vita, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Richiamando questo articolo, i giovani sottolineano come la loro stessa esistenza sia stata minata o messa in pericolo per effetto del grave impatto dei cambiamenti climatici. Infatti, i continui incendi boschivi e le forti ondate di calore li hanno costretti a restare in ambienti chiusi per periodi di tempo prolungati. Nelle loro argomentazioni, in cui si evidenzia come i fattori ambientali siano legati al benessere umano, emerge in modo molto chiaro l’approccio One Health: se la salute ambientale è compromessa inevitabilmente lo sarà anche quella umana.
Come detto, al momento il ricorso è ancora pendente. Sarà interessante vedere come e in che modo la Corte europea affronterà il tema e quale saranno le sue valutazioni.
Denise Minerba