L’economia circolare rappresenta un nuovo modello di produzione e consumo, basato sull’imitazione dei cicli naturali, che prevede la trasformazione degli scarti in prodotti riutilizzabili e un uso efficiente delle risorse.
A differenza dell’economia lineare, che per lungo tempo ha caratterizzato il modello di crescita economica, il principio dell’economia circolare propone la reintroduzione del materiale nel ciclo economico, riducendo al massimo gli sprechi.
In occasione del G7 del 2015, svoltosi in Germania, i leader dei paesi presenti hanno adottato una Dichiarazione congiunta nella quale si affermava il principio dell’economia circolare.
Iniziava ad affermarsi l’idea che la protezione e l’uso efficiente delle risorse fosse un elemento chiave ai fini dello sviluppo sostenibile.
Per tali ragioni, i sette stati si impegnarono a intraprendere azioni ambiziose per promuovere una gestione sostenibile del ciclo dei materiali.
La prima organizzazione che ha fatto sua la proposta di un’economia circolare è stata l’Unione europea. Il 2 dicembre 2015 la Commissione europea ha adottato, infatti, il primo Piano di azione per l’economia circolare.
- salvaguardare le imprese dalla scarsità delle risorse;
- creare nuove opportunità commerciali innovative e efficienti basate sull’integrazione e la coesione sociale,
- far risparmiare energia e contribuire a evitare danni irreversibili in termini di clima, biodiversità e inquinamento causati da un consumo eccessivo di risorse.
Nel marzo 2019, a poco più di tre anni dall’adozione del primo piano, l’Unione Europea ha adottato una relazione intermedia sull’attuazione del piano in cui si evidenziava la corretta applicazione delle misure previste.
Parallelamente, a livello internazionale, l’UNEP ha pubblicato il Global Resources Outlook 2019. Nel Report si mostrava come il consumo delle risorse non energetiche fosse aumentato in maniera drammatica negli ultimi anni. In particolare, l’estrazione globale di materiali era passata da 22 miliardi di tonnellate nel 1970 a ben 92 miliardi di tonnellate nel 2017. Secondo il Rapporto, con gli stessi ritmi si sarebbe arrivati a un’estrazione di 190 miliardi di tonnellate nel 2060, valore che il pianeta non sarebbe stato in grado di sopportare.
Proprio la constatazione di un incessante degrado ambientale ha spinto l’Unione europea a adottare, nel corso del 2019, una nuova strategia per un’economia efficiente in termini di risorse e competitività.
In questo quadro rientra, infatti, il Green Deal europeo presentato dalla Commissione europea l’11 dicembre del 2019. Il Patto viene definito dalla Commissione, come << Una tabella di marcia per rendere sostenibile l’economia dell’UE, trasformando i problemi ambientali e climatici in opportunità in tutti gli ambiti e rendendo la transizione giusta e inclusiva per tutti.>>
In termini generali, il Green Deal è un Piano di azione con cui l’Europa punta a diventare entro il 2050 il primo continente al mondo a impatto climatico zero, grazie a una economia circolare e pulita, alla riduzione dell’inquinamento e al ripristino della biodiversità.
Affiche gli obiettivi del Green Deal vengano raggiunti e per garantire un passaggio agevole ad un’economica verde, l’UE fornirà sostegno finanziario e assistenza tecnica ai soggetti più colpiti attraverso il meccanismo per una transizione giusta.
Nel corso del 2020, inoltre, l’UE, insieme all’UNEP e l’UNIDO hanno avviato la Global Alliance on Circular Economy and Resource Efficiency (GACERE).
L’alleanza ha l’obiettivo di promuovere azioni per realizzare la transizione circolare, l’efficientamento delle risorse, e un consumo e uno sviluppo industriale sostenibili e inclusivi.
Proprio sulla base degli elementi presenti nel Green Deal e dall’alleanza internazionale la Commissione europea ha adottato, nel marzo del 2020, un nuovo Piano di azione per l’economia circolare. Il Piano, in linea con l’obiettivo della neutralità climatica entro il 2050, è incentrato sulla prevenzione dei rifiuti e sul loro utilizzo ottimale.
Il nuovo Piano di azione prevede, inoltre, l’adozione di misure per l’intero ciclo di vita del prodotto: dalla progettazione alla produzione del rifiuto. Questo dovrebbe, nelle intenzioni della Commissione, limitare l’introduzione nel mercato di prodotti non sostenibili e evitare la creazione di rifiuti trasformandoli in risorse secondarie di elevata qualità.
E l’Italia? Ad oggi l’Italia, come riportato dal 3° rapporto sull’economia circolare elaborato, tra l’altro, dal Ministero dell’ambiente, risulta avere il primato in Europa per l’economia circolare, con una quota di riciclo pari al 68%, superando la media europea dell’11%. Il primato di cui gode potrebbe, però, essere sottratto dalla Francia in quanto nell’ultimo anno i miglioramenti italiani non sono stati significativi.
Martina Moretti