Allevamento intensivo e sicurezza alimentare

I prodotti animali, sia a base di carne che di latte, richiedono per la loro produzione maggiori risorse e causano emissioni più elevate rispetto alle alternative vegetali, come evidenziato dal Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP) nel report “Assessing the environmental impacts of consumption and production del 2010. Dal Report emerge come l’alimentazione e l’agricoltura hanno un forte impatto sull’ambiente, oltre ad influenzare gli ecosistemi occupando vaste aree territoriali e utilizzando enormi quantità di acqua.

Per quanto riguarda le emissioni, un recente studio di Nature Food, svolto dalla Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO) e dai ricercatori del Centro comune di ricerca della Commissione Europea (JRC), mostra come nel 2015 le emissioni riconducibili ai sistemi alimentari abbiano raggiunto un volume di 18 miliardi di tonnellate di anidride carbonica pari al 34% delle emissioni totali di gas serra.

Analisi svolte dall’UNEP sottolineano, inoltre, l’importanza e l’urgenza di ridurre le emissioni di metano, causate dalla rapida crescita dell’agricoltura industriale, allevamenti intensivi e del consumo eccessivo di carne e latticini, che risultano esser aumentate del 70% dal 1961 al 2021 (Global Methane Assessment).

Sempre la FAO ha evidenziato come l’aumento della domanda globale di prodotti zootecnici, così come quello per l’alimentazione animale, determina un consumo eccessivo di acqua dolce. Nel report Stato dell’alimentazione e dell’agricoltura 2020, si mostra, infatti, come la sola agricoltura irrigua è responsabile del 70% dei prelievi di acqua dolce a livello globale e che la produzione di un solo chilo di carne bovina richiede circa 15mila litri di acqua, la maggior parte dei quali derivano dall’utilizzo nei campi per la coltivazione del mangime.

Questo tipo di produzione non ha solo effetti negativi in termini di emissioni e abuso di risorse idriche, ma potrebbe provocare anche danni alla salute umana, in quanto l’esistenza degli allevamenti intensivi determina una crescente comparsa di malattie zoonotiche e la trasmissione di virus dagli animali all’uomo e viceversa.

Si ricordi, inoltre, che per soddisfare l’elevata domanda di mercato di prodotti animali, l’agricoltura è diventata sempre meno dedita alla produzione di alimenti e sempre più orientata alla produzione di mangimi per gli animali. Nel citato Report “Assessing the environmental impacts of consumption and production” dell’UNEP, si afferma, infatti, che gran parte delle culture mondiali vengono utilizzate per nutrire gli animali e non le persone.

Si pensi, ad esempio, alla coltivazione di soia che, oltre ad essere una delle cause della deforestazione, rilascia enormi quantità di CO2 nell’atmosfera. Solo una minima parte della produzione della soia è rivolta al consumo umano, la maggior parte, infatti, è destinata all’alimentazione animale.

Nonostante ciò, a livello mondiale assistiamo ad un continuo aumento del consumo di carne pro capite tanto che la FAO e l’OCSE hanno stimato che entro il 2028 avremo un incremento del 13% rispetto ai valori del 2019 (Prospettive agricole 2019-2028).

Questa crescita è dovuta essenzialmente al calo dei prezzi medi annui, in particolare di carne suina e di pollame, e alla capacità internazionale di esportazione di carni, soprattutto di quella bovina.

In aumento è anche il consumo di prodotti lattiero-caseari, ad un ritmo ancor più elevato rispetto alle altre derrate agricole.

Di fronte a questa situazione allarmante, la FAO ha promosso un cambiamento sostanziale della dieta mondiale verso stili alimentari tali da garantire un basso impatto ambientale, la sicurezza alimentare e una vita sana per le generazioni presenti e future.

Si ricordi, inoltre, che uno degli obiettivi dell’Agenda per lo sviluppo sostenibile (Agenda 2030) adottata dall’ONU è proprio quello di porre fine alla fame, raggiungere la sicurezza alimentare, migliorare l’alimentazione e promuovere l’agricoltura sostenibile. Con questo terminesi intende quel tipo di produzione in grado di soddisfare e tutelare i bisogni delle generazioni presenti e future, garantendo al contempo redditività, salute ambientale ed equità sociale ed economica.
In particolare, gli obiettivi dell’agricoltura sostenibile sono:

  • favorire tecniche che salvaguardino la natura, al fine di preservare la fertilità del suolo, prevenire l’inquinamento delle acque e proteggere la biodiversità, mantenendo la diversità genetica delle sementi, delle piante coltivate, degli animali da allevamento e domestici e delle specie selvatiche;
  • utilizzare fino al 56% in meno di energia per unità di raccolto prodotto, crea il 64% in meno di emissioni di gas serra per ettaro e supporta livelli di biodiversità maggiori rispetto all’agricoltura convenzionale.

Trasformare i sistemi alimentari non solo aiuterà a ripristinare la biodiversità e l’habitat, ma rafforzerà le opportunità di mercato per i piccoli agricoltori, attraverso la produzione sostenibile di frutta e verdura.

Camilla Di Bari