Il tema dello spreco alimentare

Ogni anno in Europa vengono sprecate circa 88 milioni di tonnellate di alimenti, pari a 180 kg per persona, con inevitabili ricadute negative in termini economici, sociali e ambientali.

Va detto che lo spreco alimentare è un fenomeno che riguarda essenzialmente i Paesi più industrializzati e riguarda tutte le fasi della filiera alimentare (coltivazione-produzione-raccolta, trasformazione agricola e industriale, distribuzione all’ingrosso e al dettaglio), non solo la fase finale del consumo. Nel caso dei Paesi in via di sviluppo, il tema dello spreco alimentare è legato prevalentemente ai mezzi di conservazione che ad oggi non sono ancora particolarmente efficienti.

Esiste un elemento che finora è stato scarsamente considerato in relazione agli sprechi alimentari, ovvero l’impatto che gli stessi hanno sull’ambiente. Uno studio condotto dalla FAO – Global Food Losses and Food Waste Extent causes and prevention (2011), evidenzia, infatti, come circa il 10% delle emissioni globali di CO2 derivino proprio da alimenti non consumati e che questo sia causato da una serie di fattori, tra i quali, il packaging e il tipo di alimento.

Da un punto di vista giuridico, ancora oggi manca una definizione chiara di cosa si intenda per spreco alimentare. Tuttavia, alcuni organismi internazionali hanno provato a circoscriverne i tratti. Pensiamo, ad esempio, a quanto affermato dalla FAO nel Definitional Framework of Food Loss Working Paper (2014) dove si legge che “lo spreco alimentare (food waste) è parte della perdita di cibo (food loss) e si riferisce all’eliminazione o all’uso alternativo (non alimentare) di alimenti che sono sicuri e nutrienti per il consumo umano, lungo l’intera filiera alimentare, dalla produzione primaria al consumatore finale”.

In particolare, nel Food wastage footprint, Impact of natural resources (2013) la FAO distingue due tipologie di sprechi:

  1. Food Waste, che comprende tutti quegli alimenti che potrebbero ancora essere consumati, ma che alla fine vengono scartati indipendentemente da una serie di fattori quali il superamento della data di scadenza o il loro deterioramento;
  2. Food Loss, che indica la perdita in termini di qualità dell’alimento, ovvero una riduzione della correttezza e veridicità dei valori nutrizionali.

In termini generali, si riconosce quindi la necessità di agire per contrastare questo fenomeno, anche alla luce delle stime che prevedono un aumento della popolazione di circa 2 miliardi di persone entro il 2050.

Si ricordi che uno tra gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030 (Obiettivo 12.3) propone di dimezzare entro il 2050 lo spreco alimentare globale pro-capite a livello di vendita al dettaglio e dei consumatori, oltreché di ridurre le perdite di durante le fasi della catena di produzione.

Di fatto, è possibile affermare che l’Obiettivo 12 si fonda su tre pilastri:

  1. produrre di più e meglio, utilizzando così meno risorse. Questo permetterebbe una produzione più sostenibile;
  2. promuovere stili di vita sostenibili, puntando alla riduzione del degrado ambientale e delle emissioni di CO2 e, allo stesso tempo, aumentando i benefici derivanti dalle attività economiche;
  3. applicare questa nuova modalità di azione all’intero ciclo di vita delle risorse garantendo una loro migliore efficienza;

Che il tema degli sprechi alimentari sia ormai diventato una delle questioni più rilevanti a livello internazionale, lo dimostra il fatto che l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha istituito per il 29 settembre 2020 (Risoluzione 74/209) la prima “Giornata mondiale della consapevolezza delle perdite e degli sprechi alimentari”, al fine di sensibilizzare maggiormente l’opinione pubblica in materia.

A livello europeo è particolarmente rilevante la Direttiva quadro sui rifiuti (2008/98) con la quale si sono messe in atto una serie di azioni al fine di contrastare gli sprechi alimentari derivanti dal loro riutilizzo. Secondo la Direttiva è opportuno prevenire e minimizzare alla fonte gli sprechi. Nel caso in cui questo non sia possibile sono da prediligere in ordine di importanza il riutilizzo, il riciclaggio dei materiali conservandone comunque la qualità e il recupero energetico.

Chiara Splendore