Commissione Baleniera Internazionale e la tutela della biodiversità

È proprio in questi giorni che a Bled (Slovenia) ha luogo la prima sessione di incontri per il 2023 della Commissione Baleniera Internazionale

 (IWC), l’organizzazione che ad oggi si occupa della tutela e protezione dei cetacei che abitano gli oceani.

Ma cos’è la IWC e quali sono i suoi intenti?

La Commissione Baleniera Internazionale nasce nel 1946 come organizzazione la cui finalità primaria ero lo sviluppo coordinato dell’industria baleniera e la sua regolazione; si stima che nei suoi primi trent’anni di vita, incoraggiando la caccia ai cetacei, abbia contribuito all’abbattimento di più di due milioni di esemplari.

A oggi tuttavia la International Whaling Commission sembra essere molto distante dalla sua forma originaria sia nella composizione, dai 14 Paesi partecipanti iniziali si è arrivati a 52, che nelle sue finalità; infatti negli anni Ottanta del Novecento la IWC ha portato avanti un impegno alla conservazione dei cetacei come risposta all’aumento di pericoli per quest’ultimi che vanno dalla pesca intensiva di specie fondamentali per la loro stessa sopravvivenza, alle malattie per poi passare al cambiamento climatico e all’inquinamento marino.

Pertanto elemento di forte rilievo per la commissione è la regolazione della caccia alle balene, che viene divisa in tre fini: uno legato al sostentamento degli aborigeni, i quali basano sul consumo della carne di balena bisogni nutritivi e pratiche culturali; uno a scopo scientifico, quindi legato alla ricerca da parte di enti nazionali e sovranazionali, e in calce per fini commerciali. Quest’ultimo è stato oggetto di forte regolazione da parte della Commissione, soprattutto negli anni Ottanta del Novecento, che ha portato alla promulgazione e l’effettiva attuazione della moratoria sulla caccia alle balene nel 1986 (successivamente abolita nel 2006); tale ha generato una forte spaccatura tra i Paesi apertamente anti-whaling, tra cui anche l’Italia, e i Paesi pro-whaling, tra cui si possono annoverare Norvegia, Giappone e Islanda, già in passato al centro di numerose controversie.

A riguardo la Norvegia, sebbene fosse stata ratificata la moratoria, negli anni ha perseguito attività di caccia nelle proprie acque, che viene definita come sostenibile dal governo norvegese; sono però numerose le critiche mosse dalle organizzazioni ambientaliste, le quali vanno proprio a mettere in luce di contro l’insostenibilità della pratica: si è infatti stimato come solo nel 2021 siano stati abbattuti circa 1300 esemplari di Balaenoptera Acutorostrata (Balenottera Minore).

Anche il Giappone è stato per molto tempo al centro di innumerevoli controversie relativamente alla caccia, soprattutto rispetto ad abusi nella definizione di caccia per scopi scientifici, e successivamente per aver rinunciato alla partecipazione alla stessa Commissione nel 2019.

Nota di merito è tuttavia da attribuire all’Islanda la quale, dopo aver ridotto notevolmente il numero di cetacei abbattuti nel tempo, ha deciso di rendere la pratica illegale dal 2024.

E l’Europa?

Formalmente l’Unione europea non partecipa con un commissario alle sedute dell’IWC ma la maggior pare dei Paesi membri sì, tra questi vi è anche l’Italia con il proprio commissario Riccardo Rigillo.

Ma nella sua storia le istituzioni europee hanno ritenuto rilevante tutelare cetacei e specie marine a rischio di cattura e vendita con delle azioni ad hoc: diretta espressione di ciò sono la direttiva 92/43/CEE o anche “Direttiva Habitat” e il regolamento del Consiglio 338/97 che va ad attuare la Convezione sul Commercio Internazionale delle Specie Minacciate da Estinzione (CITES). Proprio queste ultime hanno un’importanza centrale nell’agenda degli incontri a Bled che termineranno il 6 maggio pv, questo perché vi è una volontà ad armonizzare le politiche introdotte dalla Commissione e quelle comunitarie per la tutela dell’ambiente e della biodiversità marina.

Roberta Chillemi