La strumentalizzazione del negazionismo climatico

Il negazionismo climatico può essere definito come il rifiuto dell’idea che i cambiamenti nel clima o nei modelli meteorologici della Terra siano causati dall’attività umana. I sostenitori di tale teoria, pur essendo in netta minoranza nella comunità scientifica (rappresentano solo l’1%), tentano di instillare dubbi e di creare confusione sulla responsabilità antropogenica come causa del riscaldamento climatico sostenendo, tra l’altro, che la scienza del clima sia ancora “nell’età dell’infanzia”. Va tuttavia, evidenziato, come sostenuto dal Dott. Antonello Pasini, ricercatore e fisico del CNR, che “i modelli climatici esistono ormai da 30 anni” ed è, quindi, ormai impossibile riferirsi a loro come un qualcosa ancora nella fase embrionale.

Le teorie che maggiormente si oppongono alla tesi del cambiamento climatico antropogenico sono state tutte ampiamente confutate da personalità rilevanti nel campo delle scienze climatiche. La NASA ha dimostrato che la teoria che attribuisce ai cicli solari la responsabilità del cambiamento climatico non è attendibile, infatti, la variazione dello 0,1% dell’attività solare è 50 volte più ridotta degli effetti dei gas serra.

Un altro rilievo molto diffuso per coloro che negano i cambiamenti climatici è quello che il surriscaldamento non sia in realtà una novità, ma che la Terra sia sempre stata soggetta a ere più calde e altre più fredde (l’era glaciale). Così come non si può contestare l’alternarsi di periodi più freddi a periodi più caldi, non può non sottolinearsi come mai in tutta la storia del nostro Pianeta si è arrivati a livelli simili e, per di più, con un tale grado di estensione a livello geografico. Parliamo, infatti, di effetti su scale globale e con ipotesi di non ritorno. I picchi di temperature raggiunti (come mostra il grafico https://www.open.online/2022/08/30/lettera-1200-scienziati-negano-cambiamento-climatico-fc/) possono essere compresi solo attraverso la responsabilità antropogenica e le eccessive emissioni di CO2.  

Proprio in riferimento alle emissioni di CO2, c’è chi sostiene che queste in realtà non sarebbero inquinante anzi, al contrario, sarebbero benefiche per le piante e l’agricoltura. Tuttavia, anche questa affermazione appare ai più abbastanza “estremizzata”. È evidente, che non si contesta la presenza di CO2, quanto la sua eccessiva produzione dovuta alle attività umane. Come accertato scientificamente, infatti, trattandosi di un gas acido, la sua presenza in eccesso in atmosfera è fortemente inquinante e determina una diminuzione del Ph degli oceani con conseguente acidificazione delle acque e ricadute negative su interi ecosistemi marini.

Va rilevato, inoltre, come il negazionismo climatico sia diventato uno strumento politico-economico e utilizzato per rimandare l’adozione di misure volte al raggiungimento degli obiettivi internazionali ed europei di decarbonizzazione. In questo, un ruolo primario è svolto dalle cosiddette Carbon Majors e dalla comunicazione che negli anni hanno volutamente adottato allo scopo di instillare nell’opinione pubblica incertezza così da continuare ad aumentare la propria ricchezza (come mostra l’articolo su “L’Indipendente” i profitti delle multinazionali di petrolio hanno raggiunto il record di profitto durante il 2022: https://www.lindipendente.online/2023/02/13/le-multinazionali-del-petrolio-hanno-raggiunto-il-record-di-profitto-nel-2022/).

Grandi aziende fossili hanno cercato di indirizzare l’opinione pubblica, attraverso la diffusione di informazioni false o, quantomeno, fuorvianti favorendo le teorie del negazionismo climatico e dell’emergenza climatica.

Anche a livello politico non sono mancati i tentativi di sminuire le responsabilità delle azioni umane sui cambiamenti climatici. In questo senso, basti ricordare la petizione presentata dai Senatori Gasparri e Comencini nel 2019 “Sul riscaldamento globale antropico”. La petizione, sostenuta da studiosi italiani (geologi, chimici, fisici, economisti, ma non climatologi), definiva come “una congettura” la causa umana del riscaldamento globale e chiedeva di non aderire “a politiche di riduzione acritica della immissione di anidride carbonica in atmosfera”. Anche in questo caso, tra i firmatari della petizione vi erano i consulenti delle principali compagnie energetiche e petrolifere (Agip, Enel, Sogin).

È innegabile che il percorso verso un mondo sostenibile e una diminuzione delle emissioni dei gas serra provocherà un mutamento nell’economia mondiale. Sarà necessario un cambiamento nel sistema economico e nei rapporti politico-sociali. Se non saranno le compagnie energetiche e petrolifere a interrompere l’estrazione e la produzione del Carbon fossile, dovranno allora essere gli altri settori del mercato a convertire la propria produzione rendendola più sostenibile. Un primo forte messaggio, come sostenuto da molti, potrebbe essere quello di rinunciare a finanziamenti e agli aiuti da parte delle Carbon Majors così da diminuirà il loro potere economico e politico.

Occorre ricordare e tenere bene a mente che il riscaldamento climatico non è qualcosa che avverrà nel futuro, è già nel presente. Questo è il momento in cui tutti dobbiamo imparare ad affrontare e a porre rimedio ai cambiamenti che l’essere umano ha causato.

Laura Raveggi