Evoluzione e crisi della Politica Agricola Comune

Le ragioni che portarono alla costituzione della Comunità Economica Europea (CEE) prima e una Politica Agricola Comunitaria (PAC) poi, sono da ricercarsi nel cambiamento del contesto geopolitico e nella necessità di mantenere la pace il più a lungo possibile, come già evidenziato in un precedente articolo (link).

Nel luglio del 1958 i rappresentanti degli stati membri si riunirono a Stresa, dando vita ad un confronto che fece emergere gli aspetti più importanti per lo sviluppo futuro della PAC e Sicco Mansholt fu nominato dalla commissione come proprio portavoce. Egli evidenziò la necessità di perseguire l’equilibrio tra produzione e sbocchi sui mercati nazionali e internazionali, evitando una politica di sostegno ai prezzi che accrescesse troppo le produzioni agroalimentari e garantisse che solo le aziende più sane orientassero i propri prodotti al mercato. La posizione di Mansholt fu sottovalutata dagli altri membri della commissione ed emersero dei contrasti.

 La Commissione approvò nel dicembre del ’60 solamente i principi per il funzionamento del mercato comune dei prodotti e all’istituzione del Fondo europeo agricolo di orientamento e garanzia (FEOGA), mentre rimandò la decisione definitiva per la costituzione e il funzionamento delle singole organizzazioni comuni dei mercati a causa delle posizioni divergenti. Le controversie riguardarono il settore cerealicolo, in particolare l’entità del prezzo comune: da una parte i rappresentati Olandesi auspicavano un basso prezzo a favore degli agricoltori ma contestualmente proponevano di sostenere i redditi attraverso interventi di supporto sulle strutture, dall’altra i rappresentanti tedeschi, i quali sostenevano di aumentare il livello dei prezzi al fine di garantire un giusto sostegno agli agricoltori. La decisione definitiva fu raggiunta solamente quattro anni più tardi, le parti decisero di tutelare gli interessi della Germania adottando un prezzo dei cereali vicino al livello tedesco, il più alto in tutta la comunità, creando un vantaggio per tutti gli altri stati con una struttura di costi decisamente più bassa. Chiaramente un livello dei prezzi elevato fornisce un maggiore sostegno indiretto al reddito, che a sua volta ha determinato una PAC di stampo protezionistico.

Questa decisione generò degli effetti a cascata, tra cui l’aumento del prezzo delle altre materie prime agricole, in modo da evitare che gli agricoltori coltivassero soltanto il frumento tenero, in ragione del maggior sussidio, e l’aumento dei prezzi dei prodotti zootecnici per evitare che l’elevato costo dei cereali rappresentasse un costo critico per gli allevatori.

 Il meccanismo del sostegno illimitato attraverso il ritiro di tutte le eccedenze a un prezzo stabilito, da una parte ha permesso sia l’ammodernamento delle aziende più grandi orientate al mercato, sia l’aiuto delle aziende più piccole insediate in zone rurali svantaggiate, ottenendo allo stesso tempo grandi alterazioni allo sviluppo economico del paese, che per sua conformazione è caratterizzato da zone morfologicamente differenti. Nello specifico, il processo di ammodernamento dell’agricoltura europea non ebbe luogo anche grazie alla permanenza delle aziende che, in assenza di trasferimenti ai redditi, avrebbero chiuso; contestualmente iniziò a manifestarsi in maniera sempre più palese il problema delle eccedenze produttive, per poi esplodere definitivamente negli anni ’80.

Un primo tentativo di revisione è attribuibile a Mansholt nel ’68 quando fu presentato il “Memorandum sulla riforma dell’agricoltura nella Comunità economica Europea”, noto anche come Piano Mansholt. Lo scopo della riforma non era eliminare del tutto il sostegno ai prezzi, ma cercare di usarlo in maniera più razionale, sia a causa dei costi crescenti per la CEE sia per cercare di salvaguardare la popolazione residente in aree rurali, fornendo loro un reddito equiparabile a quello di attività extra agricole. Infatti, il piano prevedeva una riduzione modesta, con la consapevolezza che una piccola diminuzione del prezzo avrebbe potuto aumentare ancora la produzione, per sopperire alla diminuzione del reddito.

Il tentativo di riforma fu oggetto di forti critiche per poi essere definitivamente dimenticato, la commissione rifiutò anche una piccola diminuzione del sostegno ai prezzi.

 Il susseguirsi di una serie di eventi internazionali contribuì ad amplificare i punti di debolezza della PAC: stiamo parlando del conflitto arabo – israeliano e la fine di Bretton Woods (1971) che sancì la conclusione del sistema a cambi fissi. Come prima conseguenza aumentò il prezzo del petrolio, facendo aumentare le disponibilità economiche dei paesi produttori; contemporaneamente grazie alla fine dei cambi fissi il dollaro subì una svalutazione consistente, che a sua volta stimolò positivamente la bilancia commerciale.

I mercati internazionali erano in fermento, la domanda aumentava sempre di più, i prezzi delle materie prime aumentavano, in sincronia i paesi produttori di materie prima aumentarono le produzioni agroalimentari, in particolare dei cereali; Stati Uniti e la CEE ne beneficiarono sensibilmente.

Durante la seconda metà degli anni ’80 diversi avvenimenti contribuirono a cambiare il mondo e i suoi equilibri geo-politici, determinando il momento di massima crisi per la PAC. Nel contesto di grave instabilità determinato dalla caduta dell’Unione Sovietica, le spinte da parte della Gran Bretagna e il ritorno del prezzo del petrolio ai livelli precrisi riportarono in primo piano i problemi di natura finanziaria legati alla PAC. A segnare la linea di demarcazione tra “vecchia PAC” e “nuova PAC” furono la riforma Mac Sharry e l’ottavo negoziato multilaterale sul commercio mondiale del 1986. La vecchia PAC era nata come politica protezionista, e assorbiva la quasi totalità delle risorse economiche della CEE, sia a causa del supporto (dazi) alle esportazioni (importazioni), sia per il meccanismo di sostegno ai prezzi. La nuova PAC, invece, nasce sotto le spinte della globalizzazione e dei negoziati dell’Uruguay Round. La riforma fu, in un certo senso, spinta dall’esterno: gli Stati Uniti accusarono la CEE e la PAC di avere contenuti protezionistici che distorcevano gli scambi commerciali, proponendo l’opzione zero, ovvero l’abolizione di ogni tipo di sostegno all’agricoltura entro il 2000. A seguito della proposta le trattative rimasero bloccate a causa delle divergenze tra commissione e Stati Uniti, finché il presidente del GATT, Dunkel, propose una serie di interventi che rappresentavano un compromesso tra le due posizioni. In particolare, la proposta verteva sulla graduale abolizione del sostegno ai prezzi e il principio di disaccoppiamento, secondo il quale i prodotti soggetti ad aiuto non dovevano influenzare né la produzione né il commercio. La commissione accolse la proposta e avviando il processo di cambiamento della PAC con il piano Mac Sharry. Il nuovo tentativo di riforma era diverso dai precedenti, al suo interno erano contenute specifiche proposte operative, tra cui la riduzione del sostegno ai prezzi in favore di integrazioni di reddito indipendenti dalle quantità prodotte. A seguito delle riforme, non era più possibile sostenere la totalità della produzione degli agricoltori europei, ma spettava alla politica riformulare le condizioni per giustificare una spesa a sostegno del settore primario. Il nuovo indirizzo della PAC sposta il sostegno dal consumatore al contribuente. È da questo momento in poi che si inizia a parlare di multifunzionalità agricola, perché il nuovo assetto della politica comune configura una politica di indennità compensativa: non vengono più pagate le produzioni in favore di tutte le attività collaterali che affiancano l’agricoltura vera e propria.

Dario Accolla