Tassonomia europea: a che punto siamo?

L’Unione europea per raggiungere gli ambiziosi obiettivi di decarbonizzazione alla base delle sue politiche più recenti, prime tra tutte il Green Deal, ha stimato che occorra una spesa di 260 miliardi di euro all’anno. Per tali ragioni sarà, quindi, necessario convogliare tanto gli investimenti pubblici che quelli privati verso un portafoglio di attività sostenibili stabilendo criteri “verdi” per gli investitori.
Proprio per soddisfare questa esigenza è nata la tassonomia europea, un sistema di classificazione proposto nel marzo 2018 con l’adozione da parte della Commissione del Action Plan on Sustainable Finance, un documento basato sulle raccomandazioni del gruppo di esperti sulla finanza sostenibile (TEG) in grado di fornire una strategia globale per una finanza sostenibile con 10 azioni chiave. La prima di queste riguardava proprio l’esigenza di una “tassonomia dell’UE chiara e dettagliata, un sistema di classificazione per le attività sostenibili”.

La tassonomia europea è un sistema comune di classificazione, che stabilisce un elenco di attività economiche sostenibili dal punto di vista ambientale. Questa svolge un ruolo primario nell’indirizzare e collocare i fondi verso investimenti necessari fornendo sicurezza agli investitori e, in generale, a tutti coloro che partecipano al mercato finanziario, nonché, ai governi chiamati a stabilire incentivi green per le imprese (ed è utile anche per quest’ultime soggette all’obbligo di rendicontazione non finanziaria).

La normativa sulla tassonomia è entrata in vigore il 12 luglio 2020, a seguito della pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale europea il 22 giugno del 2020 del Regolamento 2020/852 UE. Questo stabilisce 6 obiettivi ambientali:

1) la mitigazione dei cambiamenti climatici;

2) l’adattamento ai cambiamenti climatici;

3) l’uso sostenibile e la protezione delle acque e delle risorse marine;

4) la transizione verso un’economia circolare;

5) la prevenzione e la riduzione dell’inquinamento;

6) la protezione e il ripristino della biodiversità e degli ecosistemi.

Inoltre, il Regolamento prevede che un’attività possa definirsi ecosostenibile, quando:   

1. contribuisce positivamente ad almeno uno dei sei obiettivi ambientali;

2. non ha impatti negativi su nessun altro obiettivo;

3. è svolta nel rispetto di garanzie sociali minime (per esempio, quelle previste dalle linee guida dell’OCSE e dai documenti delle Nazioni Unite);

4. rispetta i criteri tecnici identificati da atti delegati adottati dalla stessa Commissione Europea.

Per rendere operativa la tassonomia, la Commissione, secondo quanto previsto dal Regolamento, avrebbe dovuto adottare atti delegati al fine di elaborare l’elenco delle attività sostenibili e definire i criteri tecnici per ciascun obiettivo ambientale.

Inoltre, entro la fine del 2020 la Commissione era tenuta a pubblicare gli atti relativi alle attività che avrebbero contribuito alla realizzazione dei primi due obiettivi stabiliti dal Regolamento (mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici). Tuttavia la loro adozione ha subito un rinvio a causa dell’opposizione di alcuni Paesi membri.

Una prima bozza di atti delegati è stata redatta dal TEG nel corso del 2020. Al suo interno sono state elencate le soglie tecniche delle 70 attività più inquinanti a livello europeo (quasi il 93% delle emissioni). Il lavoro del TEG è terminato nel settembre del 2020 quando la Commissione ha creato la Piattaforma per la finanza sostenibile costituita da un gruppo di esperti con il compito di fornire consulenza alla stessa Commissione sullo sviluppo della tassonomia e di supportarla nella preparazione tecnica degli atti delegati. Ad essa si deve, infatti, la seconda bozza di atti delegati aperta alla consultazione pubblica nel dicembre del 2020. Anche in questo caso gli atti delegati che dovevano essere pubblicati entro il primo gennaio del 2021 sono stati rimandati a causa dell’opposizione di alcuni Stati dell’Europa dell’est. Il motivo del ritardo era legato al settore energetico e, precisamente, all’utilizzo del gas naturale. Si ricordi che il combustibile era già stato escluso nelle due bozze precedenti.

Il primo Atto delegato, è stato approvato il 21 aprile del 2021 e riguarda, come già precedentemente detto, i primi due obiettivi della tassonomia: la mitigazione e l’adattamento ai cambiamenti climatici. Nel testo definitivo sono stati esclusi il gas e il nucleare. Per quanto riguarda il gas, la Commissione, trovandosi di fronte a valutazioni differenti, ha preferito rimandare la trattazione del tema all’adozione di un atto specifico entro la fine del 2021. Anche per quanto riguarda il nucleare le valutazioni erano molteplici e per tale ragione si è deciso di non inserirlo nella Tassonomia.

Tuttavia, l’Atto adottato disciplina settori importanti come i trasporti, inclusi quelli marittimi, l’edilizia, il manifatturiero, le biomasse e le fonti di energia rinnovabili. Attività, queste, che rappresentano complessivamente circa l’80 % delle emissioni di gas serra all’interno dell’UE. Va detto che la disciplina di alcuni settori, tra cui quello dei trasporti, ha trovato il riscontro positivo sia dei tecnici della piattaforma sulla finanza sostenibile sia delle associazioni ambientaliste. Su altri settori, invece, come nel caso della displica relativa alle foreste, il giudizio degli esperti è stato negativo. Per quanto riguarda i trasporti, infatti, si è stabilito che le uniche auto sostenibili dal 2026 saranno quelle elettriche o ad idrogeno mentre le auto ibride plug-in saranno considerate green solo fino al 2025. Stessa cosa per gli autoarticolati. Nel caso della gestione delle foreste, invece, contrariamente da quanto emerso dai pareri scientifici, l’Atto adottato nell’aprile del 2021 ha considerato sostenibili il disboscamento industriale e l’utilizzo di legname per scopi energetici, entrambi attività che riducono l’assorbimento di carbonio e aumentano le emissioni. Alla pubblicazione dell’Atto dedicato ha fatto seguito la creazione, nel giugno del 2021, della bussola della tassonomia europea, uno strumento digitale per l’accesso a tutti i contenuti della tassonomia.  

La pubblicazione dell’Atto tuttavia, non ha spento le discussioni sulla questione del gas e del nucleare. Un gruppo di Paesi europei, capeggiati da Francia e Polonia, già dall’autunno del 2021 ha iniziato a far pressione sulla Commissione per ottenere l’inserimento del nucleare all’interno della tassonomia. Contrari, non solo le associazioni ambientaliste ma anche alcuni Stati membri, in primis la Germania che, come è noto, chiuderà le sue ultime tre centrali nucleari entro la fine del 2022 e terminerà il c.d. decommissioning (lo smantellamento dei reattori) entro il 2040.

La discussione ha portato la Commissione ad adottare la bozza definitiva dell’atto delegato complementare con il quale il gas naturale e il nucleare sono considerati investimenti sostenibili e, sempre secondo la Commissione, a determinate “condizioni chiare e rigorose”, potrebbero avere un ruolo importante per facilitare la transizione ecologica (dicembre 2021).
In particolare, secondo la bozza, il gas naturale può essere considerato “green” a condizione che le centrali elettriche a gas presentino una soglia massima di emissione pari a 100 gCO2e/kWh durante il ciclo di vita e che gli impianti di cogenerazione di nuova costruzione nell’arco dello stesso periodo comportino emissioni minori di 270 gCO2e/kWh. Tuttavia, la bozza prevede una clausola con la quale a partire dal 31 dicembre 2030 si vieta la costruzione di nuove centrali a gas e obbliga gli Stati a sostituire gli impianti più inquinanti con quelli di nuova generazione.

Per quanto concerne invece il nucleare, la bozza prevede che può essere considerato “green” qualora un Paese disponga di piani di sviluppo, fondi e luoghi dove depositare i rifiuti radioattivi. E ciò è applicabile solo alle centrali che riceveranno i permessi di costruzione prima del 2045. Le centrali esistenti, invece, potranno essere considerate verdi solo se verranno effettuate modifiche e miglioramenti alla sicurezza e se rispetteranno il limite massimo di emissione di 100 gCO2e/kWh.

Il contenuto della bozza ha suscitato la ferma opposizione dei tecnici della Piattaforma, che hanno criticato le conclusioni della Commissione definendole senza alcun “fondamento scientifico”. Secondo i tecnici, infatti, il documento prevede soglie di sostenibilità troppo alte per il gas e, allo stesso tempo, una valutazione non adeguata dei rischi connessi al nucleare.
In particolare, per quanto riguarda il nucleare, i tecnici hanno sottolineano come non si sia tenuto conto di come il suo uso, pur ad impatto zero in termini di emissioni, non garantisca “il criterio DNSH (Do Not Significant Harm – principio del danno non significativo) previsto, invece, da altre attività energetiche”. Allo stesso tempo non è stato opportunamente considerato l’impatto dell’estrazione e della lavorazione dell’uranio nonché scarsamente definito il finanziamento per la disattivazione e la gestione dei rifiuti radioattivi. In ultimo, è opportuno considerare, sempre secondo gli esperti, che si tratta di progetti che saranno realizzati molto in là nel tempo e che, quindi, non possono essere considerati indispensabili ai fini della transizione energetica programmata dall’UE.

Da ultimo, la Commissione ha pubblicato lo scorso 2 febbraio il testo definitivo dell’atto delegato complementare relativo al gas e al nucleare che, tuttavia, non ha apportato grandi modifiche alla bozza trasmessa lo scorso 31 dicembre. L’atto riconosce, infatti, il gas naturale e il nucleare come attività di transizione in attesa di uno sviluppo decisivo del mercato delle rinnovabili.
A questo punto il testo verrà esaminato dal Parlamento e dal Consiglio europeo che avranno quattro mesi di tempo per valutare il regolamento e eventualmente opporsi alla sua approvazione.

In conclusione, possiamo affermare che, come emerso da quanto detto, la situazione risulti ancora oggi molto complessa e poco chiara e che, così come è ad oggi definita la tassonomia, non è ancora in grado di fornire la sicurezza necessaria agli investitori. Così facendo il rischio di cadere nel greenwashing è dietro l’angolo.

Chiara Cavaliere