A livello pubblico, durante la pandemia di SARS-Cov-2, la tematica dei rifiuti sanitari e del loro smaltimento è stata una tra le più dibattute.
In termini generali, va sottolineato come della quantità totale di rifiuti derivanti dalle attività sanitarie, circa l’85% è costituito da rifiuti generici non pericolosi, mentre il restante 15% è considerato materiale pericoloso, in quanto infettivo, tossico o radioattivo.
A livello europeo, la gestione dei rifiuti sanitari è disciplinata dalla Direttiva 2008/98/CE, (“Direttiva Quadro Rifiuti”), in seguito modificata dalla Direttiva 2018/851/UE.
La Direttiva del 2008, nello stabilire un quadro giuridico comune a livello europeo per il loro trattamento, ha previsto anche quelle che sono le scelte migliori per affrontare la gestione dei rifiuti. In particolare, la loro gestione avviene secondo un ordine di priorità: prevenzione; riutilizzo; riciclaggio; recupero di altro tipo e smaltimento in discarica; incenerimento senza alcun tipo di recupero energetico (art. 4). Nella direttiva è presente anche un riferimento allo stoccaggio dei rifiuti sanitari pericolosi, che non devono essere mischiati con altre categorie simili ma devono essere confezionati o etichettati conformemente alle normative internazionali o comunitarie (art. 18).
A livello nazionale, la gestione dei rifiuti sanitari è regolamentata dal D.Lgs 152/2006 (c.d. Testo Unico Ambientale) e, più nello specifico, dal DPR 254/2003, che elenca (art. 1) e definisce (art. 2) le diverse tipologie. Nell’elenco rientrano: i rifiuti pericolosi infettivi (tra cui i tamponi di pazienti positivi al Covid-19) (1); i rifiuti taglienti (2); i rifiuti chimici (come i disinfettanti) (3); i rifiuti farmaceutici (farmaci e vaccini scaduti) (4); i rifiuti citotossici (come i farmaci utilizzati nella cura del cancro) (5); i rifiuti radioattivi (6); i rifiuti non pericolosi o generici.
Inoltre, nel DPR 254/03 sono riportate le indicazioni sul corretto svolgimento di tutte le fasi previste per la gestione dei rifiuti sovra citati, con particolare attenzione al trattamento dei rifiuti sanitari a rischio infettivo (HP9).
A riguardo, si dispone che
a) i rifiuti sanitari non pericolosi e/o non infettivi siano classificati, depositati temporaneamente e tracciati mediante il registro di carico e scarico e il Modello unico di dichiarazione ambientale;
b) i rifiuti sanitari a rischio infettivo e quelli citotossici siano smaltiti in modo da evitare infezioni;
c) i rifiuti sanitari assimilabili a quelli urbani siano gestiti come quest’ultimi.
A seguire, il Decreto sottolinea l’importanza della formazione e dell’informazione di tutto il personale coinvolto nel ciclo di gestione dei rifiuti. La consapevolezza degli operatori potrebbe, inoltre, portare ad una riduzione dei costi di gestione.
Si ricordi, infine, che il D.Lgs. n. 152 del 3 aprile 2006, (“Norme in materia ambientale”), stabilisce che è di competenza delle regioni la predisposizione, l’adozione e l’aggiornamento dei piani regionali di gestione dei rifiuti, tra cui quelli sanitari.
Per quanto concerne l’emergenza epidemiologica dovuta al Covid-19, la sua rapida diffusione ha determinato, tra l’altro, una serie di criticità nel settore della gestione dei rifiuti, tra cui la carenza di personale formato, nonché l’assenza di depositi per specifiche tipologie di rifiuti sanitari (attualmente non gestite sul territorio nazionale) e di opportuni impianti per lo smaltimento.
In questo senso, a livello nazionale, è stata adottata la Legge n. 40 del 5 giugno 2020 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, recante misure urgenti in materia di […] interventi in materia di salute e lavoro) con cui si è proceduto a regolamentare la sterilizzazione dei rifiuti sanitari, assoggettati al regime dei rifiuti urbani, come frazione indifferenziata.
In aggiunta, il Rapporto dell’Istituto superiore di sanità “Covid-19 n. 3/2020” ha assimilato i rifiuti domestici prodotti da soggetti positivi, indipendentemente dalla loro natura, ai rifiuti indifferenziati. La paura, infatti, era che potessero rappresentare dei potenziali veicoli di trasmissione del virus.
Nel contesto comunitario, invece, la Commissione Europea ha adottato delle Linee guida (Waste Management in the Context of the Coronavirus, 14 aprile 2021) con cui ha fornito indicazioni uniformi a tutti gli Stati membri sulle modalità di gestione dei rifiuti. Lo scopo era quello di mantenere un elevato livello di protezione della salute umana e dell’ambiente, evitando interruzioni nella raccolta dei rifiuti indifferenziati e aggravi sproporzionati dei costi di gestione degli stessi.
Come facilmente immaginabile, i rifiuti del settore sanitario sono aumentati notevolmente dalla comparsa della Pandemia, rendendo tutti noi ancora più dipendenti dalla plastica monouso. Basti pensare, come mostrato dallo studio pubblicato dal PNAS (Proceedings of the National Academy of Sciences of the USA), che al 23 agosto 2021 erano stati prodotti a livello mondiale 8,4 milioni tonnellate di rifiuti plastici legati alla pandemia (Sara Filugelli).
Per concludere, la speranza che in Europa il biennio 2020-2021 segnasse la svolta nella lotta ai rifiuti di plastica è stata affievolita dalla diffusione del Covid-19 che, tra mascherine, guanti e imballaggi anti-contagio, ha reso il timore di un passo indietro sempre più concreto.
Laura De Felici