L’attuale contesto geopolitico e la delicata posizione dell’Italia sul fronte energetico stanno condizionando le prospettive economiche della popolazione. Tuttavia, la crisi attuale è solo la battuta di arresto della debolezza del nostro Paese, da sempre dipendente dalle importazioni di risorse energetiche.
In virtù di ciò, lo sviluppo delle energie rinnovabili, mai come in questo momento, risulta prioritario per diversificare le fonti di approvvigionamento. Allo stesso tempo, per raggiungere gli obiettivi previsti dal Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC), che prevede una quota del 30% di energie rinnovabili sul consumo finale di energia entro il 2030, è necessario incrementare la capacità rinnovabile di 40 GW. Di questi, 30 GW dovranno essere coperti da produzione fotovoltaica. Negli ultimi anni, le installazioni di impianti fotovoltaici nel nostro Paese sono aumentate in maniera esponenziale, raggiungendo una capacità cumulata nel 2022, in base agli ultimi dati disponibili, di 23,57 GW.
L’Italia infatti, è un Paese ad alto potenziale fotovoltaico dato in prima battuta dalla posizione geografica della penisola, che beneficia di una vantaggiosa esposizione solare. Tuttavia, una delle barriere all’installazione del fotovoltaico, è la scarsità di superfici disponibili considerando le molte aree del nostro territorio soggette a vincoli paesaggistici, altre completamente urbanizzate ed infine altre ancora destinate all’attività agricola e pastorale. Ad oggi infatti, la quasi totalità delle installazioni fotovoltaiche è su tetto, soluzione, anche questa, non priva di vincoli sia di natura tecnica che paesaggistica (basti pensare ai numerosi edifici storici che caratterizzano il panorama edilizio italiano). Tuttavia, per soddisfare gli ambiziosi obiettivi del PNIEC, le sole installazioni su tetto sono insufficienti.
In tale contesto, si inserisce una soluzione innovativa: l’agrivoltaico, un sistema ibrido che, come il termine lascia intuire, coniuga la produzione di energia rinnovabile, sfruttando il fotovoltaico, e la produzione agricola, consentendo di superare il trade-off esistente tra le due produzioni e il timore di “consumare ed occupare” suolo agricolo. Gli impianti agrivoltaici infatti, a differenza degli impianti fotovoltaici installati al suolo, prevedono l’utilizzo di infrastrutture elevate dal terreno e adottano “soluzioni volte a preservare la continuità delle attività di coltivazione agricola e pastorale sul sito di installazione” garantendo, al contempo, la produzione di energia rinnovabile. Proprio al fine di coniugare le due attività e garantirne una massima produttività, gli impianti agrivoltaici sono al tempo stesso sistemi agronomici ed energetici, che vengono progettati e creati perfettamente integrati e compatibili con le pratiche agricole e con le movimentazioni delle macchine e del bestiame.
I vantaggi derivanti da questo tipo di installazioni sono molteplici e di differente natura. In primis, gli impianti agrivoltaici offrono la possibilità di installare un parco fotovoltaico di dimensioni rilevanti, evitando di occupare terreni destinati ad altre attività. Da ciò derivano benefici diretti per le aziende agricole e i produttori, a cominciare dall’autosufficienza energetica data dalla produzione in loco di energia e la conseguente diminuzione dei costi in bolletta. Diversi studi hanno inoltre messo in luce, come l’ombreggiatura data dai pannelli installati, comporti benefici per le colture soprattutto per alcune come la patata, il luppolo, l’insalata o le fave, per le quali le zone d’ombra hanno effetti positivi sulle rese. Contestualmente, i pannelli fungono da protezione da eventi climatici estremi, sempre più frequenti, come le grandinate e anche da un’eccessiva esposizione al sole nelle ore più calde della giornata. Tuttavia, il punto di forza che ha determinato il forte interesse riscontrato da questi sistemi, sono gli impatti positivi sul fronte ambientale. Le installazioni agrivoltaiche infatti, consentono un uso efficiente della risorsa idrica in quanto contengono l’evaporazione dell’acqua, creando un microclima favorevole alla crescita delle colture, aumentando l’umidità del suolo e contestualmente alleviando i fenomeni di erosione dello stesso. La sinergia virtuosa creata tra sistema agricolo ed energetico attraverso queste infrastrutture, non si esaurisce solo nei benefici appena descritti, ma si ampia sino alla creazione di valore per le comunità locali e in generale per il territorio. Per quanto concerne il primo aspetto, le infrastrutture richiedono manodopera per le installazioni ma soprattutto per la manutenzione degli impianti, creando perciò posti di lavoro, contrastando l’abbandono dei terreni agricoli e lo spopolamento delle zone rurali. Allo stesso tempo, innescano processi innovativi nel settore agricolo, mediante l’utilizzo di nuove tecnologie applicate agli impianti agrivoltaici, come sistemi di recupero delle acque piovane o sensori intelligenti di monitoraggio idrico ed investimenti in digitalizzazione che hanno riflesso sulla competitività delle imprese e sulla sostenibilità delle attività praticate.
Il quadro normativo riguardante i sistemi fotovoltaici applicati in area agricola è sempre stato, nel panorama legislativo italiano, caratterizzato da lacune sistematiche mostranti una mancanza di volontà nel regolamentare e descrivere un settore in forte evoluzione negli anni. In particolare, gli unici interventi normativi sono stati rilegati esclusivamente alla materia degli incentivi statali a tali impianti. In passato infatti, per frenare l’eccessiva proliferazione degli impianti fotovoltaici installati sul terreno che “sottraevano” spazi all’agricoltura, con la Legge n. 27/2012, è stato sancito il divieto di incentivazione delle installazioni fotovoltaiche a terra. Solo recentemente, con il Decreto Legge 31 maggio 2021, n. 77 (Decreto semplificazioni-bis), il legislatore, all’art. 31 ha previsto una deroga a tale divieto per gli impianti fotovoltaici che adottano soluzioni “integrative innovative con montaggio dei moduli elevati da terra, anche prevedendo la rotazione dei moduli stessi, comunque in modo da non compromettere la continuità delle attività di coltivazione agricola e pastorale”.
A sopperire alle carenze legislative in materia di impianti agrivoltaici, è intervenuto il Ministero della Transizione Ecologica (MITE), il quale lo scorso giugno, ha pubblicato le linee guida in materia di impianti agrivoltaici, un documento prodotto da un gruppo di lavoro composto dal Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria (CREA), il Gestore dei servizi energetici (GSE), l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA) e la Ricerca sul sistema energetico (RSE) coordinato dal Dipartimento per l’Energia del MITE. Il rapporto nella sua completezza inquadra i sistemi agrivoltaici, definisce le caratteristiche e i requisiti minimi per esser un sistema definito tale e prevede un’analisi dei costi degli impianti. Tali linee guida sono una prima chiara delucidazione a supporto dei soggetti interessati ad investire in infrastrutture agrivoltaiche, soprattutto alla luce dei finanziamenti previsti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). All’interno dello stesso infatti, la Missione 2 – “Rivoluzione verde e Transizione ecologica”, destina allo sviluppo dell’agrivoltaico 1,1 miliardi di euro, con l’obiettivo di “installare a regime una capacità produttiva di impianti agro-voltaici di medie e grandi dimensioni di 1,04 GW, che produrrebbe circa 1.300 GWh annui, con riduzione delle emissioni di gas serra stimabile in circa 0,8 milioni di tonnellate di CO2.”
A contribuire allo sviluppo del settore dell’agrivoltaico in Italia, nel maggio del 2021, è intervenuta l’ENEA, che in collaborazione con ETA-Florence Renewable Energies, ha promosso la Rete Italiana Agrivoltaico Sostenibile, un network che vede coinvolte imprese, università, istituzioni pubbliche, e associazioni di categoria, con l’obiettivo di sviluppare e promuovere i sistemi agrivoltaici attraverso scambio di conoscenze e buone pratiche, per giungere alla definizione di metodologie univoche per la progettazione e valutazione di questi impianti.
In conclusione, l’agrivoltaico rispetta in pieno il concetto di multifunzionalità che l’agricoltura odierna deve abbracciare, non limitandosi ad essere un volano della transizione energetica e climatica ma rappresentando una leva di sviluppo per il territorio e per le comunità. Nel suo piccolo, l’obiettivo dell’agrivoltaico coincide con quello della ripresa tanto auspicata.
Chiara Cavaliere