L’edilizia svolge un ruolo primario nella realizzazione degli obiettivi di riduzione delle emissioni climalteranti perseguiti dall’UE. In base ai dati pubblicati dalla Commissione nel 2020, gli edifici europei sono responsabili del 40% del consumo energetico e del 36% delle emissioni dirette e indirette di gas a effetto serra.
Focalizzando l’attenzione sul contesto nazionale, gli edifici sono il primo settore per consumi finali di energia (circa il 45%) e il secondo settore per emissioni di gas a effetto serra (116 milioni di tCO2 equivalente prodotte nel 2019). Rispetto al 1990, nonostante la crescita dei consumi finali di energia (+37%), si è registrata una lieve diminuzione delle emissioni prodotte dal settore (-6%) dovuta principalmente ad una diversificazione del mix energetico e all’aumento dell’istallazione di rinnovabili termiche ed elettriche. Tuttavia, occorre rilevare come a livello nazionale ancora oggi gli edifici consumino un gran quantitativo di energia e siano scarsamente efficienti. Emerge, quindi, l’urgenza di una riqualificazione energetica del patrimonio edilizio esistente, alla luce, non solo degli obiettivi di decarbonizzazione assunti, ma anche della precaria situazione energetica attuale.
Negli ultimi anni l’UE ha introdotto diverse politiche di incentivazione al miglioramento dell’efficienza energetica negli edifici soprattutto attraverso la semplificazione all’accesso di finanziamenti per la riqualificazione e la ristrutturazione edilizia. Tuttavia, ad oggi, l’obiettivo della decarbonizzazione dell’intero parco immobiliare europeo richiede una revisione tempestiva della normativa vigente, considerando che quasi il 75% degli edifici europei è attualmente inefficiente.
In tale contesto si inserisce la proposta di revisione della Direttiva sulla prestazione energetica nell’edilizia (EPBD), presentata dalla Commissione europea il 15 dicembre 2021 e approvata dalla Commissione per l’industria, la ricerca e l’energia del Parlamento europeo lo scorso 9 febbraio. La proposta nasce dall’esigenza di adeguare la Direttiva sulla prestazione energetica nell’edilizia Energy (EPBD) all’attuale contesto del pacchetto “Fit for 55” , con l’obiettivo di ridurre i consumi energetici e le emissioni di gas a effetto serra nel settore edilizio entro il 2030 e renderlo climaticamente neutro entro il 2050.
Il testo adottato stabilisce che a partire dal 2028 gli edifici di nuova costruzione dovranno essere ad impatto zero, ad eccezione degli edifici occupati, gestiti o di proprietà di autorità pubbliche che dovranno soddisfare tale requisito già a partire dal 2026. Inoltre, sempre entro il 2028 i nuovi edifici – dove economicamente e tecnicamente fattibile – dovranno essere dotati di tecnologie solari, mentre gli edifici residenziali in fase di ristrutturazione, avranno a disposizione fino al 2032 per adeguarsi. Sul fronte delle ristrutturazioni, la Direttiva propone nuovi standard minimi di prestazione energetica e stabilisce che gli edifici residenziali dovrebbero raggiungere almeno la classe di prestazione energetica E entro il 2030 e D entro il 2033, mentre, gli edifici non residenziali e pubblici dovrebbero raggiungere le stesse classi rispettivamente entro il 2027 e il 2030. Per tener conto dei diversi patrimoni edilizi dei Paesi membri, la Direttiva prevede che la classe G dovrebbe corrispondere al 15% degli edifici nazionali con le peggiori prestazioni energetiche.
La proposta stabilisce inoltre degli obiettivi comuni che, tuttavia, saranno gli Stati membri a declinare attraverso misure e incentivi stabiliti nei Piani nazionali di ristrutturazione. All’interno di questi ultimi, ciascun Paese potrà stabilire delle deroghe, ad esempio per edifici di valore storico ed architettonico, monumenti e luoghi di culto e per interventi di riqualificazione di alloggi popolari che potrebbero comportare aumenti degli affitti non compensabili attraverso il risparmio energetico derivante dalla riqualificazione.
Alla luce dell’attuale scenario energetico, il miglioramento delle prestazioni negli edifici così come previsto dalla nuova normativa, potrebbe avere un impatto positivo non solo dal punto di vista ambientale, riducendo le emissioni climalteranti e la dipendenza del settore edilizio dai combustibili fossili, ma anche sociale. Infatti, soprattutto nel nostro Paese, considerando le oscillazioni dei prezzi dell’energia dell’ultimo anno, l’efficientamento del parco immobiliare potrebbe consentire una riduzione della domanda di energia e quindi delle bollette energetiche. In tal misura, la proposta si configura uno strumento cardine nella lotta alla povertà energetica che l’UE considera prioritaria nella transizione verso un sistema energetico pulito per tutti i cittadini. Da ultimo, è necessario considerare come la strategia europea di decarbonizzazione dell’edilizia – al pari di quella prevista per altri settori economici – comporterebbe benefici in termini di occupazione e di creazione di valore economico e sociale. E ciò è facilmente intuibile considerando i risultati ottenuti dal Superbonus 110% e dalle altre agevolazioni edilizie, che hanno trainato la crescita del settore delle costruzioni negli ultimi due anni.
In virtù di ciò, attraverso la revisione degli incentivi fiscali e dei modelli di finanziamento, tale progetto legislativo, seppur sfidante, soprattutto per un contesto come quello italiano, rappresenta una grande opportunità per la riqualificazione di un patrimonio edilizio che attualmente risulta essere particolarmente impattante su molteplici fronti.
Come detto in precedenza, la proposta normativa ha ottenuto il primo sì da parte del Parlamento europeo. Il prossimo step previsto dall’iter legislativo è il voto dell’Assemblea plenaria, che verrà espresso durante la sessione del 13 – 16 marzo p.v. A seguire si avvierà una successiva fase di negoziati tra il Parlamento e il Consiglio europeo per la definizione della versione ultima della legge.
Chiara Cavaliere