L’estate più calda della tua vita, finora.
L’estate del 2023 ha visto un notevole numero di fenomeni climatici estremi: incendi, grandine, grandine con dimensione di chicchi fino a 10 cm, siccità, esondazioni, smottamento dei terreni.
In realtà, prima ancora che l’estate iniziasse, erano state pubblicate delle previsioni sui possibili eventi climatici che avremo dovuto affrontare. Le analisi si basavano sui disastri che si erano verificati nel corso dello stesso periodo nel 2022. La scorsa estate, infatti, era stata caratterizzata da temperature superiori di molto rispetto alle temperature medie (con picchi di +3,09°C) e da un calo del 22% rispetto ai livelli di piovosità rispetto ai valori registrati dal 1961. Per quanto riguarda gli incendi, nel 2022 l’Italia ha bruciato più di 68.500 ettari del suo territorio, di cui oltre il 20% composto da ecosistemi forestali. Questo dato, purtroppo, conferma la crescita costante negli ultimi 10 anni di territorio andata a fuoco. Tra le regioni più colpite, la Sicilia, con oltre il 50% del suo territorio incendiato (pari a 35.000 ettari), seguita da Calabria, Lazio e Campania.
Un dato che si evince dallo studio dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) del 2022, è che rispetto agli anni precedenti, la percentuale della superficie lambita dal fuoco è diminuita nelle regioni del Centro-Sud, ma aumentata nelle regioni del Centro-Nord e Nord, come evidente conseguenza dell’aumento delle temperature su tutto il suolo italico.
Al 24 agosto 2023, l’ISPRA ha pubblicato un aggiornamento riguardante l’anno corrente, in cui gli incendi hanno già bruciato più di 64.000 ettari, di cui circa 10.000 sono composti da ecosistemi forestali. Si conferma il record sulla Sicilia, seguita dalla Calabria, insieme rappresentano l’89% degli incendi avvenuti negli ultimi mesi. Segnando un nuovo record in numero di ettari bruciati.
Va detto che ad inizio estate, il 14 giugno 2023, l’European Environment Agency (EEA) aveva pubblicato l’articolo “What could the summer bring? Is extreme weather the new normal?” proprio con l’obiettivo di sensibilizzare e mettere in guardia la popolazione sull’arrivo di un’estate poco “normale”. Nell’articolo, in particolare, il cambiamento climatico era considerato come la causa dei sempre più frequenti eventi estremi in tutta l’Europa. Lo stesso articolo riteneva possibile che si sarebbero verificati disastri naturali nell’estate allora prossima al pari di quanto accaduto nei mesi precedenti.
Occorre sottolineare come molto spesso l’opinione pubblica non colga le conseguenze indirette degli eventi o delle condizioni meteorologiche estreme. Uno dei primi settori che risente delle ricadute di tali fenomeni è quello economico.
In uno studio recente dell’EEA emerge come nel periodo intercorso tra il 1980 ed il 2021 la perdita economica in Europa, per fatti correlati alle estreme condizioni climatiche, è stata stimata a 560 miliardi di euro. Di questi, solo 170 miliardi di euro, ovvero circa il 30%, è stata recuperata attraverso rimborsi assicurativi. Lo studio si sofferma, inoltre, sui singoli eventi evidenziando i danni diretti e indiretti causati.
Esondazioni: 53 miliardi di euro recuperati da pratiche assicurative, 205 miliardi di euro persi, 4.161 vittime.
Ondate di calore: 11 miliardi di euro recuperati da pratiche assicurative, 66 miliardi di euro persi, 159.003 vittime.
Siccità, incendi boschivi, ondate di freddo: 15 miliardi di euro recuperati da pratiche assicurative, 28 miliardi di euro persi, 15.169 vittime.
Tempeste e smottamenti: 91 miliardi di euro recuperati da pratiche assicurative, 92 miliardi di euro persi, 3.872 vittime.
Altro settore è quello della salute. L’alterazione degli equilibri naturali favorisce lo scambio di virus tra le specie animali e quindi la possibilità di nuove epidemie anche tra gli esseri umani. Basti pensare alla c.d. febbre di Dengue, una malattia trasmessa dalle zanzare e causata da un flavivirus che genera la comparsa di febbre elevata, cefalea, mialgie e dolori articolari, in alcuni casi comporta anche problemi respiratori.
Inoltre, un clima sempre più caldo facilita la migrazione di specie animali verso i paesi del nord e con essa la possibilità di verificarsi casi di malattie tipiche di alcune zone aride, come la malaria.
Se guardiamo a quanto accade in Italia, ci rendiamo conto di come la stagione estiva sia sempre più caratterizzata da un clima tropicale, tipico dell’Oceano Pacifico settentrionale, con forti piogge e venti e con la comparsa di uragani e tifoni.
Questa somiglianza con il clima che di solito si ha nel Golfo del Messico o nei Caraibi è causata dall’aumento delle temperature dei mari. Parliamo del fenomeno chiamato come Marine HeatWave (MHW), ovvero Ondata di Calore Marino quando la superficie dell’acqua aumenta la temperatura per più di 5 giorni consecutivi. Nel corso del 2023 in Italia sono state segnate 2 ondate di calore marino, a luglio e ad agosto, quando la temperatura dell’acqua ha raggiunto i 30°C con picchi anche di 32°C.
Per comprendere quanto sia un episodio fuori dal normale, nel Mar Ligure, a 10 giorni dall’inizio di settembre si sono registrate temperature di 28°C, superiore di circa 6°C rispetto alle temperature stagionali.
La conseguenza diretta dell’aumento delle temperature dei mari è la formazione sempre più frequente di cicloni e uragani.
Il calore equivale, infatti, ad energia e più i mari sono caldi, più l’evaporazione aumenta e crea una colonna di vapore acqueo contenente goccioline di acqua calda. Queste “colonne” di vapore raggiungono facilmente i 10.000 metri di quota. Per tale motivo, i cicloni si auto-alimentano con l’acqua del mare, e quando passano sulla terraferma perdono il loro “combustibile” decrescendo in potenza e grandezza.
Ecco spiegato il motivo dei cosiddetti uragani mediterranei, chiamati “medicane” (abbreviazione di mediterranean hurricane), che si abbattono anche sulle coste italiane.
La differenza con i veri cicloni tropicali sta nella durata più breve, per via della ridotta estensione del Mar Mediterraneo, perché la grandezza del bacino idrico alimenta la forza e la grandezza del ciclone.
Dal punto di vista europeo, cosa si sta facendo per l’adattamento a queste nuove condizioni metereologiche?
A livello generale, rilevano tutte quelle politiche e strategie per ridurre l’impatto sulla popolazione e sull’ambiente del cambiamento climatico.
In particolare, la recente legge europea sul clima impone il raggiungimento degli obiettivi del Green Deal per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050 proprio per mitigare l’impatto dell’uomo sull’ambiente e di conseguenza, una “ritorsione” dell’ambiente sull’uomo.
A queste misure, si aggiungono delle politiche di adattamento adottate per settore, come quelle relative alla protezione della salute umana: aumento degli spazi verdi e blu, una maggiore presenza di alberi e acqua nelle città così da abbassare le temperature e migliorare l’ambiente cittadino.
Tuttavia, ad oggi sono ancora molte le azioni che occorre intraprendere per poter rallentare il cambiamento climatico.
Clarissa Cataldi