Lo studio “Production of methane and ethylene from plastic in the environment” pubblicato nel 2018 da quattro ricercatori dell’università delle Hawaii, ha messo in luce gli effetti che la plastica ha sull’atmosfera.
In particolare, lo studio evidenzia come la plastica, oltre a causare danni alla flora e alla fauna marina nonché alla salute umana per via delle microplastiche disperse in mare, se non riciclata, contribuisce anche al cambiamento climatico.
Ma in che modo?
Nel 2019 i rifiuti plastici generati dall’uomo erano pari a 450 milioni di tonnellate. Di questi, si stima che tra i 19 e i 23 milioni di tonnellate siano finiti nei nostri oceani. Un numero, purtroppo, che secondo molti studiosi è destinato ad aumentare nei prossimi anni.
Sarah-Jeanne Royer, a capo dello studio dell’università hawaiiana, ha dichiarato a BBC News che, durante un esperimento sulla produzione biologica di metano, avevano scoperto che vi era una concentrazione di emissioni molto maggiore rispetta a quanto previsto. Gli scienziati si sono resi conto che le emissioni non provenivano solo dal materiale biologico, ma anche dalle stesse bottiglie di plastica che venivano utilizzate negli esperimenti.
Da qui la scoperta della produzione di etilene e metano da parte delle plastiche esposte alla luce solare. Una produzione che si attiva per tutti quei rifiuti dispersi nell’ambiente e che si stima possa addirittura aumentare nel caso delle microplastiche. Una superficie maggiore potrebbe infatti accelerare il rilascio dei gas idrocarburici.
Occorre tenere in considerazione, inoltre, che il polietilene, che è ad oggi il polimero maggiormente prodotto e scartato dall’uomo a livello globale (essendo utilizzato nella produzione dei sacchetti per la spesa), è risultato essere anche il più prolifico fra gli emettitori di entrambi i gas (CH4 e C2H4).
Si tratta di una generazione di gas che potrebbe potenzialmente perdurare per l’intera vita delle materie plastiche.
Nonostante non siano ancora state determinate con precisione le quantità esatte di queste emissioni, è probabile che esse aumenteranno nel tempo, a causa della crescente produzione di polimeri e del progressivo deterioramento dei materiali plastici, che comporta un’espansione delle superfici di plastica esposte all’aria.
Una scoperta che sicuramente non facilita il raggiungimento degli obiettivi del “Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile” sottoscritti nel 2015 da 193 Paesi di tutto il mondo. L’Accordo di Parigi, che si integra con l’obiettivo 13 dell’Agenda “Lotta contro il cambiamento climatico”, è entrato in vigore il 4 novembre 2016 con l’obiettivo di ridurre di almeno il 55% delle emissioni di gas a effetto serra entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990. Per molti scienziati risulta quindi fondamentale proseguire le ricerche in questa direzione dato che nessuno sa con precisione se le quantità di gas serra aggiunte all’atmosfera dalla plastica siano effettivamente una quantità significativa o meno.
Sara Filugelli