Ad oggi gli oceani rappresentano una delle fonti più ricche di biodiversità del pianeta terra, occupando più del 70% della superficie terrestre e più del 95% della biosfera. Da anni la comunità scientifica rileva quanto gli equilibri marini siano messi in pericolo dalle attività umane: smaltimento dei rifiuti, pesca e trasporti.
Risulta, quindi, di vitale importanza non sottovalutare i problemi legati agli equilibri dei nostri oceani.
A livello generale, la biodiversità può essere definita come la variabilità tra gli organismi viventi di ogni origine, compresi gli ecosistemi terrestri, acquatici e i complessi ecologici di cui essi fanno parte.
Pesci d’acqua salata e invertebrati sono tra le fonti di cibo più nutrienti del pianeta, solo gli alimenti provenienti dai mari sfamano all’incirca 2,6 miliardi di persone. La densità della biodiversità marina è nota per arrivare anche fino a 1000 specie per metro quadro nell’oceano Indiano, e nuove specie vengono scoperte e catalogate anno dopo anno, in particolare nelle profondità marine. Non sorprende quindi che le risorse genetiche degli oceani siano di grande interesse per gli sviluppi commerciali.
Attualmente, gli oceani sono fortemente minacciati dall’uomo e soggetti a repentini cambiamenti ambientali. Le principali minacce agli ecosistemi marini derivano dalla pesca illegale, dall’eccessivo sfruttamento delle risorse e dal cambiamento climatico globale.
La pesca intensiva e non regolamentata è riconosciuta come la prima causa del deterioramento della fauna e degli habitat marini.
Un’ulteriore criticità riguarda la distruzione delle barriere coralline, i cui dati riportano come più del 20% di quest’ultime siano ormai morte e irrecuperabili. Le barriere coralline ancora sane si trovano a rischio estinzione a causa dell’intervento umano e del surriscaldamento globale che innesca il processo del Coral Bleaching.
Da un punto di vista internazionale, dopo un processo preparatorio durato quasi due anni, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite, con la risoluzione 72/249, ha convocato una conferenza intergovernativa per sviluppare uno strumento internazionale giuridicamente vincolante sulla biodiversità marina, nelle zone al di fuori della giurisdizione nazionale.
Le prime tre sessioni della conferenza si sono svolte a New York nel settembre 2018, nell’aprile del 2019 e nell’agosto 2019.
L’obiettivo del futuro trattato sarà quello di tutelare e regolamentare lo sfruttamento delle risorse marine nonché quello di “garantire la conservazione a lungo termine e l’uso sostenibile della diversità biologica marina delle aree al di fuori della giurisdizione nazionale attraverso l’effettiva attuazione delle pertinenti disposizioni della Convenzione e un’ulteriore cooperazione e coordinamento internazionali” (art. 2).
L’accordo si concentrerà su quattro temi principali:
- l’accesso e la ripartizione dei benefici delle risorse marine
- la possibilità di condurre valutazioni sull’impatto ambientale di attività condotte in acque internazionali
- la creazione di strumenti di gestione a seconda della zona interessata
- il trasferimento di tecnologie nei confronti di quegli stati con risorse economiche limitate.
Va sottolineato che la nuova convenzione si inserisce nel contesto della Convenzione delle nazioni unite sul diritto del mare, adottato nel 1982 a Montego Bay, che non prevedeva nulla in merito alla protezione delle risorse marina nelle zone non soggette a giurisdizione nazionale.
La quarta e ultima sessione dei negoziati era prevista per il 2020, ma a seguito dell’emergenza Covid-19, l’ONU ha deciso di posticipare questo incontro all’agosto del 2021.