L’8 ottobre 2021, il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, con la risoluzione 48/23, ha riconosciuto, per la prima volta, che l’accesso a un ambiente pulito e sano è un diritto umano fondamentale e ha invitato gli Stati membri dell’ONU a cooperare per darvi attuazione. La risoluzione è il frutto del lavoro condotto dal Consiglio per i diritti umani negli anni più recenti e che ha portato all’adozione, dal 2012 ad oggi, di sette risoluzioni e alla nomina di due relatori speciali.
Il testo della risoluzione, proposto da Costa Rica, Maldive, Marocco, Slovenia e Svizzera, è stato approvato con 43 voti favorevoli e 4 astenuti (Russia, India, Cina e Giappone). Questo risultato non era così scontato alla vigilia del voto perché diversi stati, tra cui Regno Unito e Stati Uniti, avevano espresso la loro contrarietà.
La posizione degli Stati Uniti, che hanno partecipato ai dibattiti in qualità di osservatori, stride con le dichiarazioni della nuova amministrazione Biden di voler assumere un ruolo leader a livello mondiale nella lotta ai cambiamenti climatici. Nel caso del Regno Unito, invece, si teme che la loro posizione possa avere ricadute negative sulla riuscita della COP26 sul clima. La risoluzione è stata adottata, infatti, poche settimane prima del vertice sul cambiamento climatico che si terrà all’inizio di novembre a Glasgow.
Si ricordi anche che lo stesso giorno il Consiglio sui diritti umani ha adottato la risoluzione 48/27 con cui ha istituito un Relatore speciale al fine di verificare l’impatto dei cambiamenti climatici sulla promozione e la protezione dei diritti umani.
La risoluzione 48/23, pur non essendo giuridicamente vincolante, è di particolare rilievo perché si inserisce all’interno di un percorso volto a rafforzare l’idea che il diritto a un ambiente sano debba essere universalmente protetto sostenendo così gli sforzi in tal senso compiuti dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite e, nel contesto europeo, dal Consiglio d’Europa
Non va sottovalutato anche il ruolo di “moral suasion” che la risoluzione potrebbe assumere nei confronti di quegli Stati che fino ad oggi non prevedono tale diritto nel proprio ordimento giuridico. Si ricordi che in passato, infatti, l’adozione di risoluzioni simili all’interno delle Nazioni Unite, quale quella del 2010 sul diritto all’acqua e ai servizi igienico-sanitari, è stato da stimolo per i paesi ad adottare una legislazione interna ad hoc.
Va detto che il diritto a un ambiente sano e il ruolo che esso riveste ai fini del benessere dell’umanità, seppur in modi e forme diverse, è stato riconosciuto da moltissimi stati. Negli anni, inoltre, il suo contenuto e la sua portata sono stati definiti dalla prassi dei tribunali nazionali, come evidenziato dal Relatore Speciale delle Nazioni Unite su diritti umani e ambiente nel Report del 2018 su Human Rights Obligations Relating to the Enjoyment of a Safe, Clean, Healthy And Sustainable Environment . Nel Report, il Relatore speciale evidenziava anche come il riconoscimento ad avere un ambiente sano contribuisse ad una migliore attuazione e applicazione delle leggi ambientali.
L’adozione delle due risoluzioni è stata salutata con entusiasmo dal Relatore speciale delle Nazioni Unite sui diritti umani e l’ambiente, David Boyd, che ha sottolineato come le sfide ambientali che il mondo attuale sta affrontando stiano influenzando il godimento dei diritti umani fondamentali. Secondo studi condotti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) si stima, infatti, che il 24% dei decessi che avvengono a livello mondiale ogni anni, pari a circa 13,7 milioni, siano legati a rischi ambientali come l’inquinamento atmosferico e l’esposizione a sostanze chimiche.
Anche l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Michelle Bachelet, si è dichiarata soddisfatta della decisione di riconoscere i cambiamenti climatici, l’inquinamento atmosferico e la perdita della biodiversità come delle crisi strettamente legate alla tutela dei diritti umani e ha invitato gli Stati membri a intraprendere azioni coraggiose per dare applicazione immediato al diritto a un ambiente sano e per promuovere politiche economiche, sociali e ambientali in grado di proteggere allo stesso tempo le persone e la natura.
In termini generali, le due risoluzioni adottate dal Consiglio sui diritti umani mostrano una maggiore consapevolezza a livello internazionale della necessità di integrare la promozione e protezione dei diritti umani nelle fasi di elaborazione delle politiche ambientali.
Andrea Crescenzi