L’industria tessile assume un ruolo fondamentale nella vita quotidiana dei consumatori e rappresenta uno dei settori più rilevanti dell’economia globale, con un fatturato annuale di 1,13 trilioni di euro.
L’European Environmet Agency (EEA) stima che tra il 1996 e il 2012 un singolo individuo ha aumentato del 40% l’acquisto di capi d’abbigliamento e che oltre il 30% degli indumenti acquistati non viene utilizzato per più di un anno. Inoltre, una volta dismessi, gli abiti vengono sottoposti ad incenerimento o portati in discarica, mentre solo un’impercettibile percentuale di essi viene riutilizzata o riciclata.
Per rispondere all’aumento della domanda di vestiario, nell’arco di 15 anni, la produzione di abbigliamento è raddoppiata e si prevede un aumento della domanda di fibre tessili da 62 milioni di tonnellate nel 2017 a 102 milioni nel 2030.
L’aumento del consumo di vestiario è da imputare anche all’ascesa della Fast Fashion, o “moda veloce”. La Fast Fashion è improntata su una produzione di massa, caratterizzata da:
- bassi prezzi;
- volumi di vendita elevati;
- velocità nella produzione di collezioni;
- bassa qualità degli indumenti prodotti.
Va detto che l’industria tessile ha da sempre contribuito in maniera considerevole all’impatto ambientale ma cicli di lavorazione più intensi hanno portato a delle ripercussioni ancora più negative, andando ad aggravare l’inquinamento prodotto da tale settore.
In pratica, la produzione tessile richiede una vasta quantità di risorse come acqua, terra e prodotti chimici con conseguente emissioni di gas effetto serra, sostanze inquinanti e generazione di rifiuti.
L’Environment Impact of the Textile and Clothing Industry, pubblicato dalla Commissione europea nel 2019, mostra come globalmente l’industria tessile sia stata responsabile, solo nel 2015, data dell’ultimo rilevamento, del consumo di 79 miliardi di metri cubi di acqua, dell’emissione di 1715 milioni di tonnellate di anidride carbonica e della generazione di 91 milioni di tonnellate di rifiuti.
Un ulteriore problematica deriva dall’utilizzo di 1900 sostanze chimiche per la tintura e il trattamento dei tessuti, di cui 165 considerate dannose dall’UE per la salute e l’ambiente. L’impiego di tali sostanze incide del 20% sull’inquinamento globale delle acque.
La situazione descritta ha portato l’UE ad accelerare la transizione verso un’economia circolare, considerandola una delle principali priorità, con l’obiettivo di ridurre al minimo l’impatto ambientale e climatico.
Il Parlamento europeo con la revisione della Direttiva sui rifiuti 2018/851 ha chiesto agli Stati membri di introdurre la raccolta differenziata dei rifiuti tessili entro il 1° gennaio 2025, con lo scopo di promuovere il riciclaggio di alta qualità (Articolo 11.1).
Nonostante i buoni propositi, la direttiva non risulta sufficiente a contrastare il degrado ambientale generato dall’industria tessile. Per tanto, all’interno del nuovo Piano di azione per l’economia circolare del marzo 2020, la Commissione europea ha proposto una strategia globale dell’UE per i tessili sostenibili. La strategia ha l’intento di rafforzare la competitività, l’innovazione del settore e la lotta contro la Fast Fashion promuovendo nuovi modelli commerciali.
Sono quattro le misure previste dalla Commissione europea:
- garantire la circolarità dei prodotti attraverso l’utilizzo di materie prime secondarie, limitando la presenza di sostanze chimiche;
- migliorare il contesto imprenditoriale e normativo attraverso incentivi ai modelli “prodotto come servizio” e ai materiali e processi circolari;
- elaborare linee guida per aiutare gli Stati membri a conseguire livelli elevati di raccolta differenziata dei rifiuti tessili entro il 2025;
- incentivare il riutilizzo e il riciclaggio dei tessili.
In aggiunta, l’UE dispone del marchio Ecolabel, istituito nel 1992 dal Regolamento n.880/92. Il marchio è un’etichetta volontaria basata su criteri selettivi, a disposizione di produttori che forniscono prodotti con elevati standard prestazionali, caratterizzati da un ridotto inquinamento idrico e atmosferico durante l’intero ciclo di vita.
Nel 2020, inoltre, l’UE ha avviato il progetto RESYNTEX, un nuovo concetto di economia circolare per i tessuti e la chimica. RESYNTEX trasforma i rifiuti tessili in materie prime secondarie utilizzabili dell’industria chimica e tessile, grazie a tecnologie innovative che coprono l’intera catena del valore tessile.
In conclusione, la transizione dell’attuale sistema di produzione e consumo tessile verso un modello circolare risulta essere di vitale importanza. Un modello circolare, in ambito tessile, può essere raggiunto sviluppando e promuovendo tecnologie di riciclaggio, misure politiche e cambiamenti nel comportamento dei consumatori.
Martina Moretti