Mangiare Consapevole: Spreco alimentare e sostenibilità

“Entro il 2030, dimezzare lo spreco pro capite globale di rifiuti alimentari nella vendita al dettaglio e dei consumatori e ridurre le perdite di cibo lungo le filiere di produzione e fornitura, comprese le perdite post-raccolto”

Il Goal 12.3 “Consumo e produzione responsabili” è uno degli obiettivi dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile.

Lo spreco di cibo interessa tutte le fasi della filiera agroalimentare, ma uno studio condotto dallo Swedish Institute for Food and Biotechnology, commissionato dalla FAO, ha proposto una distinzione tra perdite e spreco alimentare. Le prime, le c.d. Food Losses, sono «le perdite alimentari che si riscontrano durante le fasi di produzione agricola, post-raccolto e trasformazione degli alimenti», mentre le seconde, i Food Waste, sono «gli sprechi di cibo che si verificano nell’ultima parte della catena alimentare (distribuzione, vendita e consumo finale)».

Lo spreco alimentare ha notevoli impatti ambientali, sociali ed economici, basti pensare che l’8-10% delle emissioni globali di gas serra sono associate al cibo non consumato. Dati, questi, che emergono dal Food Waste Index Report 2021, del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP) e dell’organizzazione partner WRAP. In particolare, il Reportrileva come oltre 930 milioni di tonnellate di cibo venduto nel 2019 siano divenuti rifiuti domestici (61%), da ristorazione (26%) e da vendita al dettaglio (13%). Il Rapporto sottolinea, inoltre, che la media globale annua pro capite di cibo sprecato, pari a 74 kg, è simile sia nei paesi a reddito medio-basso che in quelli ad alto reddito.

Le stime includono sia le parti “commestibili” che “non commestibili” degli alimenti. Una delle motivazioni per cui sono considerate anche le parti “non commestibili” del cibo è la difficoltà di una differenziazione netta e univoca tra le due categorie per le varie culture e usi.

Soffermandoci sullo spreco domestico, occorre evidenziare come le determinanti principali risultano essere:

  • scarsa pianificazione degli acquisti. Spesso si acquistano quantità eccessive di cibo o si fanno porzioni eccessive;
  • conservazione inadeguata. La mancata attenzione alle indicazioni di conservazione e l’uso di materiali non conformi riducono la durata del cibo;
  • conoscenza limitata. Mancanza di conoscenza su come utilizzare gli avanzi o creare nuovi piatti con gli ingredienti disponibili;
  • scarsa consapevolezza. Poco riconoscimento dell’entità degli sprechi e del loro impatto economico e ambientale;
  • difficoltà o errori nell’interpretazione delle etichette. Spesso manca una corretta educazione per la loro lettura.

In questo senso, particolarmente interessante risulta essere il Regolamento (UE) n. 1169/2011 che, nel disciplinare la fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori, indica tra le informazioni obbligatorie che le aziende devono apporre sulle etichette: il termine minimo di conservazione (caratterizzato dall’indicazione «da consumarsi preferibilmente entro …») o la data di scadenza (caratterizzata dall’indicazione «da consumarsi entro …»).

Indubbiamente, comprendere la differenziazione tra le due definizioni può aiutare a evitare percezioni errate della freschezza degli alimenti e sprechi inutili.

La distinzione tra queste due indicazioni sta nella deperibilità dell’alimento:

  • Termine minimo di conservazione (TMC): è la data fino alla quale il prodotto alimentare conserva le sue proprietà specifiche in adeguate condizioni di conservazione.
  • Data di scadenza: è la data utilizzata per i prodotti rapidamente deperibili per i quali il consumo oltre alla data indicata potrebbe costituire un pericolo per la salute umana.

Il TMC quindi, al contrario della scadenza, non è un limite invalicabile, ma indica una data consigliata di consumo. In altre parole, significa che nel periodo successivo al TMC gli alimenti sono ancora commestibili, ma hanno un progressivo e lento decadimento nutrizionale e organolettico. Per questo, vale la pena valutare sempre la situazione prima di cestinare le confezioni.

Sia a livello istituzionale, la Commissione Europea e i singoli Stati membri, che a livello privato, le aziende, sono state avviate numerose iniziative per ridurre e arginare il fenomeno degli sprechi alimentari. Tuttavia, non va trascurato il ruolo che anche i consumatori possono avere in questo settore. L’educazione e la consapevolezza sono, anche in questo caso, due pilastri fondamentali della lotta agli sprechi alimentari.

In questo senso, pianificare gli acquisti, conservare correttamente i cibi e utilizzare gli avanzi sono passi cruciali per ridurre l’impatto ambientale e raggiungere l’obiettivo di dimezzare lo spreco alimentare entro il 2030.

Erica Depalma