Le tensioni geopolitiche degli ultimi mesi e il conflitto in Ucraina hanno reso il rischio di una crisi energetica più reale, riaccendendo i riflettori del dibattito pubblico sulla transizione ecologica e sulla dipendenza da fonti energetiche non rinnovabili estere. Ma l’indipendenza energetica comporterà un inevitabile aumento dei prezzi nell’immediato futuro, come dimostra la rielaborazione dei dati fatta dall’ISPI – Istituto per gli studi di politica internazionale.
I Paesi Europei sono altamente dipendenti dalle forniture straniere, soprattutto da quelle provenienti dalla Federazione Russa (gas naturale). Negli anni, infatti, si è fatto poco per limitare le importazioni. Secondo di dati Eurostat, emerge che nel 2020 l’Unione Europea ha importato circa il 38% del suo gas dalla Russia e che i Paesi maggiormente dipendenti da tali forniture sono la Germania (65% del totale) e l’Italia (43% del totale). Anche se nel 2021 si è registrata una diminuzione delle importazioni di gas russo (38,2%), l’Italia rimane comunque un Paese fortemente dipendente dalle importazioni estere. Si pensi che ad oggi, la produzione nazionale di gas non riesce a coprire neanche il 5% del fabbisogno.
Un discorso simile si può fare per il petrolio. Sempre secondo i dati Eurostat, nel 2020 l’Unione Europea ha importato il 97% del petrolio totale. Di questo, circa il 26% dalla Russia.
Come già accaduto nella storia, molto spesso sono necessarie delle crisi economiche per portare ad un ripensamento del sistema e ad una riconsiderazione delle priorità. Di fatto, la crisi energetica in corso sta portando l’opinione pubblica a rivalutate il ruolo delle energie rinnovabili come possibile fonte principale di approvvigionamento e come alternativa valida per ridurre la dipendenza dalle fonti estere.
Diventa interessante, quindi, capire come l’Unione europea e l’Italia abbiano in questi anni regolamentato il settore delle energie rinnovabili.
In effetti, la lettura della normativa più rilevante in materia, sia a livello europeo che nazionale, mostra come gli stakeholders di diversi settori produttivi abbiano dei validi strumenti per migliorare e ottimizzare gli impianti energetici esistenti e incentivare l’innovazione tecnologia.
Va detto che la politica dell’UE sulle energie rinnovabili fino al 2020 si è basata essenzialmente sul Pacchetto per il clima e l’energia 2020 che si poneva tre obiettivi:
- la riduzione del 20% delle emissioni di gas effetto serra;
- l’aumento del 20% dell’efficienza energetica;
- un contributo del 20% di fonti rinnovabili nel mix energetico.
Nel 2019, poi, è stato emanato un pacchetto di norme sulle fonti di energia rinnovabili, il c.d Clean energy for all Europeans, che mira alla decarbonizzazione del sistema energetico europeo sulla base di quanto previsto dagli obbiettivi del Green Deal europeo. Il pacchetto consiste in un insieme di misure legislative volte a favorire l’adozione a livello nazionale di norme sull’efficienza energetica (1), sulle energie rinnovabili (2) e sul mercato interno dell’energia elettrica (3). Nel 2021, inoltre, è stato proposto il pacchetto FIT for 55 con cui l’Unione europea ha alzato ulteriormente gli obiettivi proponendo la diminuzione delle emissioni del 55%. Questo pacchetto contiene 12 proposte legislative con cui mira a disciplinare l’utilizzo dell’energia a livello statale.
Uno degli ultimi aggiornamenti riguarda rispetto alla sicurezza energetica riguarda il piano REPowerEU annunciato dall’UE a inizio mese scorso. Il piano rappresenta un primo passo per arrivare alla completa autonomia dal gas russo entro il 2027.
In Italia è il PNIEC (Piano Nazionale Integrato per l’energia e il clima) a regolare e uniformare le strategie europee sulla transizione energetica. Esso prevede:
- l’utilizzo del 30% di energia proveniente da fonti di energia rinnovabili (FER) in relazione ai consumi totali;
- l’utilizzo del 22% di energia proveniente da FER nel settore dei trasporti;
- la riduzione del consumo di energia primaria del 43%;
- la riduzione del 33% dei gas serra;
Inoltre, il Decreto FER 1, adottato dal Ministero dello sviluppo economico il 4 luglio 2019, stabilisce i criteri per incentivare la realizzazione di nuovi impianti di produzione di energia rinnovabile o riattivare quelli presenti. Nel Decreto, particolare attenzione viene data agli impianti fotovoltaici, eolici, idroelettrici e a gas di depurazione.
A livello generale può dirsi che i provvedimenti normativi in materia di fonti energetiche rinnovabili adottati a livello nazionale sono vari e in costante aggiornamento, in linea con gli obblighi stabiliti dai Regolamenti europei. Tuttavia, secondo uno studio dell’Osservatorio Regions 2030, ad oggi in Italia esiste ancora un forte ostacolo burocratico nella realizzazione degli impianti solari ed eolici. Secondo il rapporto, infatti, ci sono 517 progetti in attesa della VIA (Valutazione di Impatto Ambientale). Basti pensare che la mancata produzione di energia rinnovabile, a causa proprio dei progetti bloccati a livello ministeriale, ammonta a 25GW di eolico e 34GW di solare.
La nota positiva deriva dal PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) che, tra i vari obiettivi, ha quello di migliorare la sostenibilità e la resilienza del sistema economico attraverso una transizione equa e sostenibile.
In conclusione, possiamo dire che finora si è fatto molto per rendere l’Italia meno dipendente dalle fonti energetiche fossili estere, ma c’è ancora molto da fare e, in un periodo storico come quello che ci troviamo a vivere, è quanto mai necessario accelerare sulle capacità del nostro territorio.
Rita Colapietro