Le comunità energetiche: quando l’unione genera energia

In un contesto in cui transizione, sicurezza e indipendenza energetica diventano imperativi per la politica di un Paese, l’unione tra cittadini, aziende ed enti territoriali per la produzione e la condivisione di energia elettrica rinnovabile assume un ruolo rilevante.

Si definisce comunità energetica rinnovabile (CER) un soggetto giuridico autonomo che:

  • si basa sulla partecipazione aperta e volontaria
  • è costituito da persone fisiche, PMI (a condizione che, per le imprese private, la partecipazione alla CER non costituisca l’attività commerciale e/o industriale principale), enti locali, comprese le amministrazioni comunali
  • ha l’obiettivo di fornire benefici ambientali, economici o sociali a livello di comunità ai suoi membri o alle aree locali in cui opera.

Le comunità possono assumere diverse forme (cooperative, società benefit, associazioni senza scopo di lucro, consorzi, imprese del territorio, enti del terzo settore) ma hanno tutte lo stesso obiettivo: fornire energia rinnovabile a prezzi accessibili ai propri membri.

Si differenzia dalle comunità energetiche il gruppo di autoconsumo collettivo, ossia l’insieme di almeno due autoconsumatori di energia rinnovabile che agiscono collettivamente in virtù di un accordo privato e che si trovano nello stesso condominio o edificio.

Nonostante la recentissima disciplina giuridica, in Italia ci sono numerose CER ante litteram, spesso cooperative sorte in località montane per garantirsi, mediante la produzione locale, il necessario approvvigionamento energetico. Tra queste, la Società Elettrica in Morbegno, fondata in Valtellina nel 1897 e che ancora oggi fornisce energia a 13.000 utenti mediante otto impianti idroelettrici, risulta la prima comunità energetica in assoluto.

A livello normativo, le comunità di energia rinnovabile sono disciplinate dalla Direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento e del Consiglio europeo sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili; nota come RED II, prevede un impegno collettivo degli Stati membri per il raggiungimento al 2030 di una quota di energia da fonti rinnovabili nel consumo finale lordo di energia dell’UE almeno pari al 32%. In particolare, l’articolo 22 della RED II garantisce ai clienti finali il diritto di partecipare a comunità di energia rinnovabile senza essere soggetti a condizioni o procedure discriminatorie che ne impedirebbero la partecipazione e dispone che gli Stati membri forniscano un quadro volto ad agevolare lo sviluppo delle comunità; tale quadro assicura l’abbattimento di ostacoli normativi e amministrativi ingiustificati per le CER (causa di inter burocratici eccessivamente lunghi), la partecipazione aperta a tutti i consumatori, compresi quelli appartenenti a famiglie a basso reddito o vulnerabili, e la disponibilità di strumenti per facilitare l’accesso ai finanziamenti e alle informazioni.

Le comunità energetiche possono svolgere un ruolo rilevante anche in REPowerEU, il piano che prevede misure finanziarie e legislative per costruire in Europa le infrastrutture necessarie a ridurre rapidamente la dipendenza dai combustibili fossili russi e accelerare la transizione verde, aumentando la resilienza del sistema energetico dell’UE.

In Italia la conversione in Legge del Decreto Milleproroghe 162/2019 ha reso convenienti queste forme di aggregazione, stabilendone i requisiti e introducendo un incentivo erogato dal GSE. L’articolo 42-bis “Autoconsumo da fonti rinnovabili” stabilisce che i rapporti all’interno delle energy community siano regolati mediante contratti di diritto privato e che i soggetti associati mantengano i loro diritti di clienti finali, quali la libertà di scegliere il proprio fornitore di energia elettrica sul libero mercato e di uscire dalla comunità quando lo desiderano; inoltre, prevedendo la condivisione di energia attraverso la rete distributiva già esistente con lo scopo di autoconsumo istantaneo, ha fissato un limite alla potenza complessiva per gli impianti dei prosumer minore a 200 kW.

Successivamente, il D.Lgs. 199/2021 di recepimento della RED II, al Titolo IV “Autoconsumo, comunità energetiche rinnovabili e sistemi di rete”, ha reso meno stringenti i requisiti di dimensionamento, di allacciamento e di età degli impianti rinnovabili estendendo la potenza complessiva a 1 MW (di cui al massimo il 30% derivante da impianti già esistenti prima dell’entrata in vigore del decreto) e prevedendo la condivisione dell’energia  nella  stessa  zona  di  mercato,  a condizione che gli impianti siano connessi  alla  medesima   cabina primaria per l’accesso agli incentivi; il decreto definisce anche i regimi di sostegno e di promozione delle comunità.

Ma come si costituisce una comunità energetica?

Dopo aver individuato un’area in cui installare gli impianti e gli autoconsumatori ammessi a partecipare, si crea un soggetto giuridico autonomo controllato dagli azionisti membri che, agendo a proprio nome, possa esercitare diritti ed essere soggetto a obblighi e abbia la proprietà o la piena disponibilità degli impianti di autoproduzione sulla base di un titolo giuridico (quale usufrutto, comodato d’uso o altro titolo contrattuale); successivamente, si procede alla realizzazione degli impianti verificando la corretta procedura autorizzativa dell’impianto e si presenta la richiesta di connessione alla rete; da ultimo, si avvia la richiesta di accesso al servizio di valorizzazione e incentivazione dell’energia condivisa del GSE.

Una comunità energetica rinnovabile assicura vantaggi di tipo ambientale, sociale ed economico: riduce l’inquinamento promuovendo le fonti rinnovabili a livello decentralizzato, si pone come soluzione per combattere la vulnerabilità e la povertà energetica, crea coesione e sviluppo del territorio sostenendo l’economia dei piccoli territori e favorisce la partecipazione al mercato di utenti altrimenti esclusi, che diventano protagonisti nella transizione energetica.

Riguardo ai benefici economici, tutta l’energia immessa in rete viene valorizzata al prezzo di mercato, con un ritorno dell’investimento stimato in pochi anni. Inoltre, per ciascun kWh di energia elettrica in eccesso “condivisa” il GSE, per un periodo di 20 anni a partire dalla data di invio della richiesta di accesso al servizio di valorizzazione e incentivazione, riconosce due contributi economici: un corrispettivo unitario, individuato come somma della tariffa di trasmissione per le utenze in bassa tensione e del valore più elevato della componente variabile della tariffa di distribuzione per le utenze altri usi in bassa tensione, e una tariffa premio, pari a 110 €/MWh per le comunità di energia. Al termine del periodo, il contratto può essere prorogato su base annuale tacitamente in relazione alle sole parti afferenti al corrispettivo unitario.

Secondo il rapporto Comunità rinnovabili 2022 di Legambiente in Italia sono attive 35 CER, mentre 24 sono in costruzione e altre 41 sono in progetto; la taglia tipica degli impianti è compresa tra i 20 e i 60 kW. Ci si attende per il futuro una crescita esponenziale, con circa 40.000 comunità energetiche entro il 2025 che coinvolgeranno 1,2 milioni di famiglie.

Con uno stanziamento di 2,2 miliardi di euro, il PNRR prevede di intervenire per accelerare lo sviluppo delle CER e dei sistemi distribuiti di piccola taglia.

Occorre ora favorire le partnership volte a fornire sostegno finanziario ai Comuni e a coinvolgere stakeholder e cittadini in corsi di formazione specifici.

Dennis Manno