La Blue Economy o economia degli oceani può essere, ad oggi, definita come l’insieme delle attività produttive, basate o collegate all’oceano, ai mari e alle coste, dirette a promuovere una crescita sostenibile dell’ecosistema marino. Sebbene non esista ancora una definizione formalmente condivisa è, comunque, possibile identificare il suo raggio d’azione, nonché i suoi principali settori di riferimento, quali: il turismo costiero, il trasporto marittimo, la cantieristica navale, la difesa marittima, l’energia rinnovabile offshore, la biotecnologia, la desalinizzazione ed infine l’industria delle risorse marine viventi e non viventi e della robotica.
Quella degli oceani, dunque, risulta essere un’economia particolarmente complessa in profonda trasformazione capace di stimolare una crescita mondiale del valore di almeno 2,5 trilioni di dollari che potrebbe raggiungere, secondo l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), il valore di 3 trilioni di dollari entro il 2030 (The ocean economy in 2030) delineandoun trend così significativo tale da essere stato definito dal World Economic Forum come “Blue acceleration”. In tal senso, appare evidente non solo il rilevante contributo economico degli oceani, ma anche la forte pressione che questo esercita sul già fragile equilibrio dell’ecosistema marino.
Sulla base di tali considerazioni, si rileva, mai come ad oggi, necessario adottare una gestione sostenibile della Blu economy volta, appunto, a preservare un immenso patrimonio che per le sue importanti caratteristiche di regolatore primario del clima e di fonte primaria di sostentamento, è tale da considerarsi un fattore cruciale per il superamento di alcune delle sfide globali tra cui, ad esempio, quella del cambiamento climatico e della sicurezza alimentare mondiale. Per questo, l’economia degli oceani non può che non essere al centro delle politiche inerenti allo sviluppo sostenibile.
Nel corso degli ultimi, infatti, notevole è stata l’attenzione posta da parte delle diverse organizzazioni internazionali, prima tra tutte l’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), che, in occasione della “The Ocean Conference” del 2017, scelsero di avviare una Community of Ocean Action.Tra le diverse azioni, anche quella incentrata sull’economia blu sostenibile e finalizzata a dare attuazione all’obiettivo 14 dell’Agenda 2030 (Conservare e utilizzare in modo durevole gli oceani, i mari e le risorse marine per uno sviluppo sostenibile).
A segnare un ulteriore passo in avanti è stata la prima conferenza globale sulla Blue economy, tenutesi in Kenya, nel 2018, durante la quale si sono riuniti organizzazioni intergovernative, Capi di Stato, attivisti, comunità scientifiche e realtà del settore privato per discutere sulle modalità con cui poter concretizzare l’uso sostenibile dei mari, dei fiumi e dei laghi nell’ottica di un miglioramento del benessere umano, dell’equità sociale e della salute degli ecosistemi acquatici. Ciò ha di fatto evidenziato come la Blue economy dia, in realtà, un contributo su molteplici aspetti dell’Agenda 2030 ribadendo, d’altronde, l’importanza di una collaborazione globale ritenuta indispensabile per sfruttare le opportunità e affrontare le sfide future.
Un ulteriore impulso, in tale ambito, è giunto anche dall’Unione Europea che, nel corso dell’ultima decade, è più volta intervenuta favorendo, dapprima, la scelta di attuare una gestione integrata delle attività marittime e, successivamente, creando, nel 2019, il fondo europeo “Blueinvest” con l’obiettivo di stimolare la crescita dell’economia blu in quanto strettamente collegata con il Green Deal europeo così come evidenziato dalla recente comunicazione (2021) intitolata “Trasformare l’economia blu dell’UE per un futuro sostenibile”.
All’interno di tale scenario ciò che emerge è l’evidente crescita della Blue economy che va ben oltre quanto sia, ad oggi, effettivamente documentato. A rivelarlo è lo studio condotto da Global Fishing Watch il quale avvalendosi della tecnologia satellitare ha dimostrato come molte delle attività svolte in mare non siano adeguatamente monitorate confermando, ancora una volta, la centralità dell’innovazione e dell’uso dei satelliti nel contrasto alla crisi climatica e all’illegalità.
In virtù di ciò, decisiva sarà la Blue Economy Conference 2024 di Dubai che sarà sia un’occasione di formazione che di informazione sulle tendenze attuali e su quelle che saranno le opportunità e le sfide da affrontare.
Sofia Pavlidi