Il 24 aprile 2024, il Parlamento Europeo ha formalmente approvato l’autorizzazione per la ratifica della Convenzione delle Nazioni Unite relativa alla salvaguardia delle acque internazionali, meglio nota come “Accordo per la , protezione del mare aperto”.
Questo trattato, comunemente denominato Trattato sull’alto mare, copre circa due terzi degli oceani del pianeta e introduce normative cruciali per affrontare questioni quali l’inquinamento, la pesca industriale, l’estrazione di petrolio e il deep sea mining. L’obiettivo è convertire il 30% delle acque internazionali in zone marine protette entro il 2030, stabilendo regole per le valutazioni dell’impatto ambientale delle attività commerciali negli oceani. Il trattato è stato redatto dalla Conferenza intergovernativa sulla biodiversità marina delle aree oltre la giurisdizione nazionale (BBNJ), è composto da 75 articoli e prevede la creazione di un nuovo organismo incaricato di gestire la conservazione della vita marina e istituire aree marine protette nell’alto mare.
Questo trattato internazionale è stato negoziato e sottoscritto a New York il 4 marzo 2023 e ha ricevuto l’approvazione dei membri dell’Organizzazione delle Nazioni Unite il 19 giugno 2023. Benché tutti e 27 gli Stati membri dell’Unione Europea abbiano firmato il documento, il Parlamento europeo ha sottolineato
l’importanza che l’Unione stessa ratifichi l’accordo per dimostrare un esempio virtuoso, poiché fino ad ora nessun paese membro ha proceduto con la ratifica. Il Trattato sull’alto mare dell’ONU rappresenta una decisione di grande importanza per diversi motivi.
In primo luogo, fornisce una nuova protezione oltre i confini nazionali all’alto mare, che fino ad oggi mancava di norme specifiche per frenare l’inquinamento e le attività di pesca insostenibili. Questa nuova protezione mira a gestire l’oceano per conto delle generazioni presenti e future, preservando la diversità biologica marina e l’integrità degli ecosistemi oceanici. Un secondo punto cruciale è l’obiettivo di rendere gli oceani più puliti. Il Trattato cerca, infatti, di contrastare il problema dell’inquinamento marino, compreso l’accumulo di sostanze chimiche tossiche e milioni di tonnellate di plastica negli ecosistemi costieri. L’obiettivo quello di rafforzare la resilienza degli ecosistemi marini e stabilire meccanismi per affrontare le controversie basati sul principio “chi inquina paga”.
Il Trattato riconosce anche i diritti e le conoscenze tradizionali delle popolazioni indigene e delle comunità locali, promuove la libertà della ricerca scientifica e sottolinea la necessità di una giusta e equa condivisione dei benefici derivanti dalle “risorse genetiche marine” ottenute dalle spedizioni scientifiche. I Paesi in via di sviluppo hanno lottato per garantire i diritti di condivisione dei benefici, poiché desiderano partecipare al futuro mercato delle risorse marine, soprattutto nel settore farmaceutico e cosmetico.
L’Accordo prevede anche lo sviluppo di strumenti di gestione territoriale, inclusa la creazione di aree marine protette, al fine di conservare e gestire in modo sostenibile gli habitat e le specie marine nell’alto mare.
La gestione sostenibile degli stock ittici è un altro punto chiave del trattato. Esso sottolinea l’importanza del rafforzamento delle capacità e del trasferimento della tecnologia marina per affrontare il problema dello sfruttamento eccessivo degli stock ittici globali. Ciò include una maggiore collaborazione tra organizzazioni marittime regionali e organizzazioni di gestione della pesca, al fine di garantire una gestione sostenibile delle risorse ittiche.
L’Accordo sottolinea, inoltre, l’urgenza di affrontare i cambiamenti climatici e l’acidificazione degli oceani. A tal fine, fornisce una guida per garantire la resilienza degli ecosistemi marini e mantenere l’integrità dell’ecosistema, compresi i servizi del ciclo del carbonio.
Infine, l’Accordo è cruciale anche per la realizzazione degli Obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, in particolare l’Obiettivo 14 che mira a prevenire e ridurre l’inquinamento marino e a porre fine alla pesca eccessiva entro il 2025.
Doina Toma